L'aspettativa di vita è in diminuzione per i professionisti sanitari, questo alla luce dell'andamento catastrofico del SSN: stiamo andando dalla padella alla brace?
Un recente articolo indirizzato alla categoria medica evidenzia come il “decadimento” del SSN ha influito in modo negativo sull’aspettativa di vita dei professionisti sanitari che era una delle più alte in Europa,
Oltre al noto tasso di longevità della popolazione italiana in generale, si è visto come negli ultimi anni dovuto anche alla spending review e alla pandemia vi è stato un tracollo degli esami di screening e delle visite di controllo diventate quasi utopistiche eseguirle all’interno del sistema pubblico, trasformandole quindi un bene di lusso che per mio rammarico non dovrebbe mai esserlo.
Infatti, a partire dal 2010, il SSN ha dovuto rinunciare a 5mila medici, quasi 11mila infermieri, più di 23mila altri operatori sanitari in meno.
In totale -40mila dipendenti; perciò con questi numeri quale qualità si può erogare in effettivo al cittadino anche efficentando tutti gli sprechi?
Con la prospettiva di un continuo disinvestimento sul pubblico favorendo così il settore privato? Nessuna prospettiva positiva se non vi sarà un’inversione di rotta.
Tutti questi tagli in sanità (fenomeno che non interessa solo la categoria medica ma anche tutti gli operatori, tecnici e professionisti intellettuali che fanno parte del machiavellico sistema) hanno comportato diverse situazioni che poi si sono esacerbate ed evidenziate maggiormente in questi anni:
- Condizioni di lavoro inadeguate e stress
- Lavoro sempre più usurante per carichi di lavoro insostenibili accentuati della mancata sostituzione del turn-over (Regione Emilia Romagna sostituzione del 50% dei pensionamenti) e un tetto massimo di spesa anche per le sostituzioni di gravidanza e per tutti gli altri motivi di cessazione dal servizio.
A questo si aggiunge l’incremento dell’età media del personale, per cui più della metà dei medici del SSN ha oggi più di 55 anni (percentuale più elevata d’Europa, superiore di oltre 16 punti alla media OCSE).
Secondo il rapporto di CREA Sanità del 2022 si evidenzia come la carenza di infermieri sia più grave di quella medica superando le 250mila unità rispetto ai parametri EU e, comunque, solo per il nuovo modello disegnato dal PNRR ne servirebbero 40-80.000 in più.
In questo caso, di nuovi infermieri ne servirebbero 30-40.000 l’anno (anche qui considerando il numero di pensionati/anno: circa 9mila), numero irraggiungibile anche perché la propensione a intraprendere la professione in Italia (scarsa attrattività legata sia a questioni economiche che di carriera) è un terzo che negli altri Paesi EU.
Sicuramente questi dati non confortano anche un’aspirante infermiere/a anche perché la domanda che ci si pone “devo investire tutto/a me stessa a che pro?
Per responsabilità sempre più elevate e un riconoscimento economico tra i più bassi d’Europa e un’aspettativa di vita in diminuzione….
Ma ne vale veramente la pena solo per la passione per la futura professione e solo per diventare un numero tra tanti?” a voi lettori l’ardua sentenza….
Riferimenti Bibliografici
- https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=114724
- https://www.fnopi.it/2022/01/19/crea-rapporto-2022/
- https://www.creasanita.it/attivitascientifiche/rapporto-sanita-2022-edizione-xviii/
Foto di Frantisek Krejci da Pixabay