Un peluche chiamato identità

CAPO 1: PRINCIPI E VALORI PROFESSIONALI ART.1 - IDENTITÁ

“L’infermiere è il professionista sanitario, iscritto all’ordine delle professioni infermieristiche, sostenuto da un insieme di valori, saperi scientifico-umanistici e competenze professionali. Agisce in modo proattivo, consapevole ed autonomo per quanto attiene alle proprie responsabilità sui percorsi e processi professionali di cura. Riconosce che ogni persona, nelle diverse età e condizioni della vita, costituisce un valore”

Mi chiamo Silvano Biagiola e sono un infermiere.

Il nuovo codice deontologico è entrato in vigore il 22 marzo 2025, dopo esser stato revisionato dai vari ordini provinciali, dal comitato centrale, da professionisti interni ed esterni al settore e dai presidenti delle Commissioni d’Albo nazionali. L’introduzione al nuovo documento cita espressamente il bisogno di rinnovamento, dopo l’ultima versione del 2019, in quanto la pandemia da poco conclusa, ha messo in discussione il sistema sanitario così come lo conoscevamo.

Quindi, le modifiche alla precedente versione “sono andate soprattutto sul fornire ancora più guide valoriali dinamiche che potessero rispecchiare l’evoluzione continua delle professioni infermieristiche e del ruolo che svolgono all’interno di un contesto sanitario e sociosanitario in rapida trasformazione” (Codice Deontologico delle professioni infermieristiche, FNOPI, 2025).

E questo codice, quindi, non poteva che iniziare proprio con quei princìpi fondamentali che guidano e regolano l’agire della professione.

L’art.1, rispetto alla precedente versione, mette in risalto ancora di più l’importanza dei valori soprattutto con l’ultima frase “riconosce che ogni persona, nelle diverse età e condizioni della vita, costituisce un valore”.

E proprio su questo aspetto, vorrei soffermarmi.

La mia stanza è piena di peluche, mi sono sempre piaciuti. Ogni pupazzo rapresenta per me un ricordo di qualche persona, oppure un momento specifico della vita. Li ho raccolti negli anni e ognuno mi trasmette questioni emotive ed esperienziali che hanno caratterizzato la mia vita. Sono me, sono il mio passato. Quindi, sono quello che oggi permette al mio Io di Essere.

Sono un aspetto della mia identità, sono i vari pezzi che compongono la mia anima.

In questo, quindi, la mia professione mi offre costantemente una incredibile occasione di vedere me stesso, mentre posso prendermi cura delle persone, nella loro totalità. Quante storie e quante immagini mi hanno regalato le persone assistite: esperienze di vita, sentimenti manifesti, lacrime e sorrisi.

Vi racconto uno di questi magnifici momenti: l’altra notte, ero stato assegnato ad un reparto dove in genere non lavoro, la medicina. Dopo le tante attività svolte, più o meno verso le due di notte, la calma ha invaso il reparto. Una donna molto grande di età, si lamentava continuamente: malata di Alzheimer, intratteneva la corsia con la sua voce sofferente. Bene, io e le mie colleghe abbiamo notato che, semplicemente stando vicino a lei, la sua mente si è calmata.

Ad un certo punto, si è addirittura addormentata! Per me è stata una bellissima esperienza. Semplicemente, mi ha ricordato che a volte, basta la vicinanza, il tocco, la calma, per quietare i pensieri e il disagio. Un grande valore per me: l’essere vicini agli altri e alle altre per rendere possibile la tranquillità dell’anima.

Quella signora, ora, fa parte dei tanti peluche che compongono la mia stanza: mi ha dato un altro tassello della mia identità professionale e personale.

È Grazie a queste esperienze che io capisco chi sono. È grazie a queste persone che io capisco chi sono. È grazie a quelle sensazioni e a quelle emozioni che provo, che capisco chi sono.

Durante la pandemia, come immagino molti e molte di voi che state leggendo, ho dovuto confrontarmi molto con i miei mostri interni. Da un lato, per l’isolamento forzato dalla società e da un altro, l’enorme carico di lavoro e l’enorme sofferenza umana che ho dovuto affrontare nei reparti dove ho lavorato.

In quel periodo, sono stato assegnato soprattutto in terapia intensiva COVID, proprio per fronteggiare l’enorme criticità che si stava verificando nel panorama sanitario. Ho assistito, purtroppo, a molti decessi. e quindi, di conseguenza, a molta sofferenza. Bene, anche quei ricordi molto dolorosi, sono dei grandi peluche da tenere con me, nella mia stanza: mi ricordano quanto è preziosa la vita e quanto utile è la mia professione nel mondo.

Sogno di avere tanti altri peluche da collezionare. Perchè così, giorno dopo giorno, anno dopo anno, avrò la possibiltà costante di conoscermi e fortificare sempre più la mia identità: come professionista, come uomo, come entità unica e preziosa.

Vi auguro il meglio care colleghe e cari colleghi, sempre. Dott. Silvano Biagiola

 

Foto di Hannah Barata

 

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