L'esame colturale ci consente di identificare la presenza di un microrganismo su una superficie o in una soluzione più o meno densa come il pus.
L'identificazione del microrganismo avviene in laboratorio, ma la corretta esecuzione dell'esame colturale è un passaggio determinante, a cura dell'infermiere, per la corretta identificazione del microrganismo responsabile.
Sapere quale batterio è presente indirizza la terapia antibiotica e la sua durata. Ricordiamoci che una terapia antibiotica troppo breve o troppo prolungata favorisce la selezione di batteri resistenti agli antibiotici.
La ferita che si presenta infetta ha delle caratteristiche ben precise:
- rossa,
- calda,
- dolente,
- presenta siero o pus.
La sua sede può essere superficiale come un'erisipela oppure interessare gli strati sottocutanei con anche presenza di ascessi.
La ferita infetta può causare danni locali o sistemici avere come causa un punto di partenza esterno con una puntura d'insetto o interna come un ascesso che cerca una via verso l'esterno.
Lo studio di una ferita infetta può richiedere esami come ecografia o RMN e se possibile l'esame colturale.
Noi infermieri effettuiamo regolarmente esami colturali delle urine, del sangue, dell'espettorato, delle feci perchè si suppone che un eventuale batterio possa essere in quel materiale.
Il tipo di materiale in alcuni casi identifica anche l'esame ed avremo l'emocoltura, l'urinocoltura, la coprocoltura, mentre per l'espettorato abbiamo il colturale dell'espettorato come anche per le ferite facciamo il colturale della ferita che sia chirurgica, da infezione o una lesione da pressione è necessario avere delle attenzioni particolari per non avere un falso negativo o un falso positivo.
Il rispetto delle regole dell'asepsi ci consente di non avere un falso positivo, mentre per non avere un falso negativo dobbiamo tenere presente che la ferita è un ambiente molto vario e siamo noi che dobbiamo scegliere dove fare il colturale.
La ferita può essere popolata da batteri innocui o da sostanze che sembrano il risultato dell'infezione ma sono il risultato del disfacimento dei tessuti oppure zone di necrosi dove di solito non cresce nulla e che comunque i batteri su quella superficie sono specifici e non entrano nel merito della diffusione dell'infezione.
La ferita soprattutto nelle lesioni da pressione è molto varia e supefici e materiali diversi hanno batteri diversi che non sono necessariamente fonte di infezione.
Le ferite chirurgiche sono le più semplici alcune volte possono avere dei punti che si aprono dove spurgano del grasso colliquato (liponecrosi) molte volte non è necessario un colturale perchè con una buona detersione la ferita si mostrerà per quello che è, un area di necrosi che deve essere pulita.
La detersione con soluzione fisiologica è la manovra più importante che facciamo per favorire la guarigione della ferita (La detersione delle lesioni cutanee: quando, come e perché? Quando le tecniche e i prodotti diventano una opportunità gestionale).
Dove cerchiamo un batterio probabile causa d'infezione?
La prima cosa è preparare la ferita con una buona detersione, la seconda è osservarla.
Abbiamo a disposizione un tampone che dovrà entrare in contatto con un' area che riteniamo infetta che speriamo trattenga abbastanza materiale per consentire al tecnico di laboratorio di far crescere i batteri responsabili dell'infezione.
Il batterio potenzialmente responsabile di un'infezione non sarà sicuramente in un'area di necrosi nera, e neanche in un' area a prevalente contenuto di fibrina o di tessuto colliquato, il motivo è che quei batteri in quelle sedi non entrano a contatto con l'organismo, ma semplicemente "stanno banchettando" con qualcosa che non è più funzionale.
Il batterio responsabile di una possibile infezione è nel tessuto vivo che sta proliferando su quella superficie toccheremo con il tampone, delicatamente per non far sentire nulla al paziente, ASSOLUTAMENTE NO, perchè dopo qualche giorno il tampone sarà negativo, ed inutile.
La tecnica da utilizzare si chiama tecnica di Levine, il tampone entra a contatto con il tessuto infiammato dove sospettiamo ci sia il batterio, lo si preme e ruota (come il tampone del covid), se esce un pò di siero bene.
Facciamo un tampone solo?
Se la ferita lo richiede facciamo due o tre tamponi e li contrassegnamo per distinguerli.
Cosa ci restituisce il colturale da ferita?
Il medico può impostare la terapia antibiotica migliore, per il tempo necessario, l'infermiere migliora la sua esperienza nel riconoscere un tessuto infetto così da poterla riconoscere tempestivamente identificandola alla comparsa che nelle fasi di guarigione.
La ferita infetta può essere studiata con altri colturali?
Il documento della regione Friuli Venezia Giulia Linee Guida Regionali per la Gestione delle Infezioni della Cute e dei Tessuti Molli suggerisce altre due tecniche:
Frustoli tissutali e biopsia cutanea:, devono essere raccolti in contenitori sterili con aggiunta di qualche goccia di soluzione fisiologica sterile al fine di mantenere umido il campione; in alternativa, è possibile inserire il materiale prelevato in provette con terreno liquido, se disponibili, che garantiscono la perfetta sopravvivenza dei microrganismi aerobi e anaerobi durante il trasporto.
In caso di aspirazione di materiale purulento, al fine di aumentare la sensibilità diagnostica, è indicato l’inoculo in flaconi di emocoltura (anaerobi e aerobi); tale provvedimento acquista una valenza maggiore quando non è possibile processare nell’immediato il materiale prelevato. In alternativa, il materiale purulento può essere prelevato/trasportato in provette con terreno liquido, se disponibili, che garantiscono la perfetta sopravvivenza dei microrganismi aerobi e anaerobi durante il trasporto, previa raccolta del materiale con sonda floccata.
Tampone colturale si o no?
La necessità di identificare il batterio responsabile è innegabile, saperne il nome consente di identificare l'antibiotico corretto il dosaggio e i tempi, la cultura della prevenzione della sepsi ha portato ad uno sviluppo di tecniche più precise e sofisticate, come ad esempio il colturale della biopsia, ago aspirato eco o tac guidato, oppure nel caso di una ferita che mostra ascessi profondi anche veri e propri interventi chirurgici.
Davanti ad un sospetto di sepsi che comporta un pericolo di vita per il paziente, chiaramente serve una tecnica multiprofessionale che va oltre le capacità dell'infermiere.
Uno studio pubblicato nel 2018 sostiene che i risultati dei test tampone colturale e biopsia sono simili, quello che cambia è l'interpretazione degli esperti davanti alla ferita.
Uno studio pubblicato nel 2019 sostiene che il tampone colturale da ferita da risultati sovrapponibili alla biopsia ed è meno invasivo.
Quello che non dicono gli studi è come hanno eseguito il colturale da ferita, se il personale addetto era stato formato, se utilizzava la tecnica di Levine o un'altra.
Molto interessante lo studio del 2017 effettuato in Italia a Montecatone, anche se contraddetto da studi successivi è specifico per le lesioni da pressione, dove indica che il tampone colturale effettuato prima dell'intervento chirurgico, aveva molti falsi negativi, ed ovviamente era inutile verso la diagnosi di superinfezione profonda.
La tecnica che sia il colturale da ferita o una più complessa deve essere proceduralizzata e standardizzata all'interno della propria azienda sanitaria, per identificare la tecnica migliore con il terreno di coltura adatto e le modalità di invio corrette.
Questo perchè i microrganismi che vivono nella ferita anche se si comportano da patogeni e causano un' infezione sono delicati, abituati ad un ambiente caldo umido e quindi hanno bisogno di un terreno di coltura adatto altrimenti anche a contatto con l'aria possono morire e non essere più identificabili.