CAPO 2: RESPONSABILITÁ ASSISTENZIALE ART.8: EDUCAZIONE E FORMAZIONE
“L’infermiere, nei diversi livelli di responsabilità, si impegna attivamente nell’educazione e nella formazione degli studenti e nell’inserimento dei nuovi colleghi, anche in una prospettiva interprofessionale”.
Mi chiamo Silvano Biagiola e sono un infermiere.
Continuando ad esplorare il secondo capo del nuovo codice deontologico, si nota come gli sviluppatori di tale documento siano stati molto attenti riguardo la formazione e l’educazione sanitaria. Sottolineano il fatto che, in quanto professionisti ed iscritti ad un ordine, abbiamo l’obbligo e la reponsabilità di educare, formare e supervisionare sia altri colleghi sia la popolazione in generale.
Siamo delle papere che, con amore e con assertività, insegnano ai propri anatroccoli a nuotare nello stagno, a trovare il cibo per nutrirsi, a scappare dai pericoli.
Quindi, anche in questo articolo viene sottolineato che la formazione diventa uno strumento essenziale per la crescita professionale dei giovani infermieri. Viene aggiunto, rispetto alla versione precedente del codice, l’importanza della formazione anche in un ottica interprofessionale. Proprio in virtù, a mio avviso, del princìpio della collaborazione tra operatori sanitari.
L’articolo mette in risalto anche “l’impegno attivo” nell’educazione, rimarcando il fatto quindi che diventa un’attività fondamentale per la crescita della nostra professione.
Quanti ricordi che mi vengono in mente leggendo questo passaggio del codice!
Io credo di essere stato fortunato, nel mio percorso da tirocinante. Ho trovato tantissime infermiere e tantissimi infermieri disposti ad aiutarmi, ad insegnarmi, a formarmi. Non ho mai avuto difficoltà nel relazionarmi con le mie o i miei tutor. Sono sempre stato un anatroccolo “disciplinato” e credo che questo mi abbia aiutato sia ad emulare i miei paperi e le mie papere guida, sia poi a fare da papero adulto a mia volta!
Potrei raccontarvi tante esperienze in merito. Ve ne citerò due, una dove io ero l’anatroccolo e una dove io ero il papero.
Stavo al terzo anno di tirocinio. Reparto: pronto soccorso, Sala rossa. Me la stavo facendo sotto dalla paura! Ero al policlinico Umberto primo di Roma, uno degli ospedali più grandi d’Europa. Quindi... Potete ben immaginare cosa era il PS lì! Spesso diventava come uno stagno durante una tempesta, dove tutti gli animali dell’ecosistema devono faticare non poco per rimanere in vita.
Bene... E lì, durante le frequenti tempeste che capitavano, trovai Giuseppe, un infermiere super esperto, al quale stava molto a cuore la formazione. Non c’è stato un giorno dove non abbia spiegato qualcosa di interessante oppure dove non ci abbia fatto provare
qualcosa di entusiasmante. Cateteri arteriosi, rianimazione cardiopolmonare, cateteri vescicali impossibili... Insomma, mi insegnò a nuotare in quello stagno burrascoso, facendo lui da esempio.
Ricordo durante un arresto cardiaco: mentre lui, con professionalità ed attenzione faceva il massaggio cardiaco, ci spiegava come posizionarci e come eseguire le compressioni. Con una calma e con una sicurezza che ancora porto nel cuore. E poi ce lo fece fare anche a noi. E il paziente... il paziente andò in ROSC! Che emozione... Mamma mia, mi viene la pelle d’oca a ripensarci. Fu lì, proprio in quel momento, che mi disse una frase che ancora porto con me sempre: ” Nell’emergenza Silvà, la prima cosa che devi fà, è - STÁ CALMO! Solo così puoi essere lucido ed eseguire le procedure con velocità ed efficacia”.
E ora, vi racconto di una notte, terribile, nel reparto di chirurgia generale, in uno dei vari ospedali dove sono stato.
Io ero assegnato alla subintensiva del reparto e quella notte avevo in carico quattro pazienti, di cui uno abbastanza critico. Nel reparto di degenza normale, ci stavano due mie colleghe, entrambe molto giovani. Una di queste, era al suo primo giorno di lavoro! e quella notte, c’erano 30 pz ricoverati... Quindi, potete facilmente notare che il carico di lavoro era enorme, assolutamente fuori legge, come purtoppo spesso accade nei reparti italiani. Mi sentivo in difficoltà: da un lato ero arrabbiato con l’azienda per averci lasciato in quella situazione, da un’altra mi sentivo responsabile verso le ragazze, non potevo lasciarle sole. Ovviamente, poi, quella notte successe di tutto: pazienti disorientati, un uomo che è peggiorato notevolmente in subintensiva, una signora che ha iniziato a sanguinare ed è dovuta tornare in sala operatoria d’urgenza alle tre di notte... E io lì, quindi, feci il papero e dissi alle mie giovani colleghe, soprattutto alla più piccola “ragazze, la prima cosa da fare nell’emergenza, è STARE CALME! Fate come me, poi vi spiegherò con calma tutto”. E loro mi seguirono, e devo dire che... alla fine... ce la cavammo. La mattina fu bellissimo, poi, andare a far colazione assieme, e ridere delle disavventure che avevamo passato, nonostante fossimo stanchi morti. Avevamo reso quello stagno burrascoso un fantastico lago, dove le vite degli animali che lo componevano si intrecciavano con armonia e comprensione.
Credo fortemente nella formazione e credo che noi, in quanto professionisti, abbiamo il dovere morale, oltre che deontologico, di aiutare chi ha meno esperienza di noi. Inoltre, io avrò sempre cose da imparare, quindi l’insegnare mi aiuta ad essere al passo con i tempi e spingermi oltre le conoscenze che ho acquisito fino a quel momento.
Inoltre, le nuove leve... mi insegnano loro stesse tantissimo! Nuovi modi di vedere la professione e la vita, nuove conoscenze più fresche apprese da nuovi testi, nuove fantastiche emozioni ed esperienze che ho l’onore di vivere assieme a loro..
Insomma, formare le nuove colleghe e i nuovi colleghi mi rende contemporaneamente sia papero sia anatroccolo. E quindi la formazione e l’educazione mi aiutano a nuotare in questo stagno professionale, con sicurezza e fiducia.
Verso una nuova sponda, verso una nuova meta.
Vi auguro il meglio, care colleghe e cari colleghi, sempre. Dott. Silvano Biagiola
