Il caso è successo nel 2006, quando il paziente è stato ricoverato per un intervento chirurgico (vescica o prostata) e il giorno 8/12/2006 alla mattina il medico vede il paziente, parametri nella norma e urine chiare nella sacca.
Il giorno 9/12/2006 il paziente decede e il decesso viene imputato ad un'ipotensione segnalata tardivamente.
La sentenza emessa in data 11/07/2013 dal tribunale di Roma condannava l'infermiere alla pena di mesi 8 di reclusione (sospesa) oltre al risarcimento del danno cagionato alle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede.
Nel 2018 il ricorso alla cassazione, che consente di avere delle informazioni sul caso e il documento è in allegato. Quando si arriva alla cassazione il caso è già stato dibattuto e si cerca solo se ci sono dei vizi di forma nel procedimento o nella "logicità" della sentenza. In questo caso ricostruisce gli eventi e conferma la colpevolezza dell'infermiere.
Il giorno 8/12/2006 l'infermiere aveva rilevato un'ipotensione (la cassazione non riporta il dato in questione) e presenza di sangue nella sacca urine. Viene contestato di non aver informato il medico e di non aver rilevato ulteriori parametri come la frequenza cardica e respiratoria. Quindi il reato di omissione.
Questa sentenza l'ho trovata nell'articolo di FNOMCeO e ci offre molti spunti di riflessione, soprattutto in previsione con l'integrazione di figure di supporto come l'assistente infermiere.
Il caso sembra palese, c'è un omissione per una mancanza da parte dell'infermiere. Eppure, leggendo la sentenza gli stessi periti hanno dichiarato che probabilmente non era un elemento determinante. Ma il giudice ha ritenuto che ci fosse un omissione e ha redatto una disamina che ha portato alla condanna dell'infermiere.
Ora la cassazione come spiega nel legalese stretto, non valuta nuove prove, ma può valutare se la sentenza ha un percorso logico.
Perchè c'è stata una mancanza di questo tipo?
La risposta che spesso quando siamo davanti ad un errore ci viene più ovvia nasce da due elementi molto noti al mondo infermieristico:
- è sempre colpa dell'infermiere e quindi quell'infermiere non era competente era superficiale e ha sbagliato
- noi siamo tutti bravi e non ci sarebbe mai successo.
Io penso che sicuramente tornerà ad accadere e che uno o più colleghi saranno coinvolti in processi per reati di questo tipo. Molti hanno avuto condanne fino all'ergastolo, per essere poi assolti per non aver commesso il fatto (poi ci si chiede perchè ci sono pochi infermieri).
Quì serve un appunto, per capire perchè non vengono analizzate le sentenze dei giudici, c'è una mancanza di conoscenza del lavoro dell'infermiere che rende i giudici prevenuti e nel dubbio l'infermiere è colpevole e in questo caso forse è una funzione specifica della FNOPI capire ed identificare il problema?
L'omissione potrebbe essere stata favorita dall'esperienza dell'infermiere che ha ritenuto normale un abbassamento della pressione post operatorio e potrebbe aver ritenuto quell'ematuria del sangue residuo che si era mosso. Quando un paziente viene operato TURP O TURV l'ematuria può formare coaguli che si liberano nei giorni successivi apparendo come urine con ematuria.
La presenza di comorbilità forse è stata sottovalutata, non si può sapere , ma è un ipotesi dato che una perdita ematica ha due soluzioni, una trasfusione (che risolve temporaneamente) è il reintervento per chiudere eventuali vasi. Quindi non è chiaro perchè il giudice ritenga il parametro rilevato il pomeriggio del giorno prima del decesso come il più rilevante.
La parola di un'infermiere contro i periti e contro il "ragionamento logico" del giudice non può vincere. I colleghi esperti di infermieristica legale forse potranno osservare che la normativa potrebbe cambiare.
Oggi le tecnologie ci vengono incontro, i parametri sono rilevati con colonne multiparametriche che consentono la rilevazione di tutti i parametri vitali che vengono inviati e archiviati nella cartella elettronica per essere tempestivamente visionati dal medico.
Ma non è così in tutte le realtà.
Non basta la tecnologia
Nel mio modus operandi mi piace trovare delle soluzioni e penso che i problemi siano opportunità per cambiare.
Mi dispiace per il collega e per il suo assistito (sentite condoglianze alla famiglia) ma è necessario pensare ad una soluzione.
La prima è più semplice, l'infermiere deve valutare il paziente al momento dell'ingresso, valutando la facies e la capacità di comunicare quegli aspetti che si possono alterare in seguito e fornirci un ulteriore campanello d'allarme anche se non sempre è possibile. Molte volte arrivi in turno e vedi il paziente al rientro dalla sala operatoria e se non c'è una descrizione accurata/anamnesi non si hanno elementi.
La seconda opzione è fare ricerca, rilevare i dati del post operatorio e nei giorni successivi e semplicemente fare della statistica descrittiva per documentare i decorsi clinici. Facendolo per centinaia o migliaia di pazienti con articoli scientifici (i medici ne fanno molti sulle complicanze) si possono avere dei dati che spiegano il decorso post operatorio. In questo caso non è più la nostra opinione che un valore pressorio è atteso o meno, ma è una descrizione della ripresa fisiologica di un operato.
Dobbiamo essere noi a dare valore al nostro quotidiano e la ricerca clinica di base è uno strumento potente, forse il collega avrebbe potuto evitare il decesso.
Ti lascio la sentenza della cassazione scaricabile e se hai delle idee possiamo approfondirle nel forum.