Sentenza e riflessioni su un caso di shock emorragico

legge, giudice

Questa sentenza riguarda un caso  in cui un paziente ha subito uno shock emorragico e ha denunciato l’azienda ospedaliera e l’infermiera di turno nella notte. Sebbene il paziente si sia ripreso, visto il rischio che ha corso, ha ritenuto suo diritto denunciare l’infermiera, il chirurgo e la struttura.

Se stai pensando che "una complicanza può capitare" e che, se tutti denunciano, non si potrà più lavorare, hai ragione. In effetti, se ci fosse stata solo una complicanza, il processo probabilmente non sarebbe nemmeno iniziato.

Tuttavia, è fondamentale capire che questa situazione non si è risolta con una semplice complicanza: ci sono stati errori nella gestione del caso che hanno portato al coinvolgimento dell'infermiera.

Leggendo la sentenza ci sono i passaggi, in grassetto, che hanno condotto alla denuncia della collega, ma consentimi dei commenti in corsivo per evidenziare cosa si poteva pensare per evitare l'accaduto:

  1. Le lamentele del paziente: Quando un paziente si lamenta molto, la nostra capacità di ascolto potrebbe subire un'influenza, e questo deve metterci in allarme. Dobbiamo sempre tenere presente che il paziente potrebbe avere qualcosa che non stiamo comprendendo appieno e in questo caso, il paziente si lamentava di dolore, in particolare allo scroto. Tuttavia, non è riportato che l'infermiera abbia effettuato un controllo adeguato. infatti, nell’uomo emorragie significative possono manifestarsi con tumefazione e lividi a livello scrotale. Nelle donne, simili segni potrebbero presentarsi sulle grandi labbra.

  2. La misurazione della pressione: L'infermiera ha rilevato una pressione arteriosa di 90/60 mmHg, ma dalla sentenza non emergono altri parametri vitali. Un valore di 90/60 con 80 battiti al minuto è diverso da un 90/60 con 110 battiti al minuto: la frequenza cardiaca è un indicatore importante da considerare e la valutazione incompleta dei parametri vitali ha contribuito a un errore nella gestione del quadro clinico.

  3. Mancata chiamata al medico: coinvolgere il medico è un nostro dovere e documentare ciò che viene fatto è sempre prioritario.

La diagnosi di shock emorragico con l'ecografia e il successivo intervento di revisione non ha placato il paziente.

Tuttavia, la sentenza sottolinea anche l'incertezza riguardo al nesso causale tra la mancata chiamata al medico e l’evoluzione del quadro clinico del paziente.

Sebbene l’intervento abbia risolto la complicanza, la mancanza di documentazione riguardo la chiamata al medico ha contribuito al lungo iter legale, che ha visto il caso arrivare alla Cassazione nel 2017 e dopo oltre dieci anni di contenzioso non è finita.

Questa sentenza non è paragonabile a quella di altri casi più gravi, come quelli in cui si è verificato il decesso del paziente. Tuttavia, nel caso dei chirurghi plastici, episodi di denuncia sono abbastanza frequenti.

Spesso i pazienti si aspettano un "lavoro perfetto", pensando che un chirurgo della pelle si occupi solo di miglioramenti estetici, senza correre rischi.

Quando si verificano complicanze non previste o quando i risultati estetici non corrispondono alle aspettative, è frequente che il paziente decida di fare causa.

È un loro diritto, ma è anche importante che il personale sanitario non dimentichi di tutelare sè stesso attraverso un agire consono alla propria responsabilità professionale.

Un lungo processo e le sue implicazioni

Più di dieci anni di spese legali e ancora il caso non è concluso. Questa lunga vicenda evidenzia l’importanza di considerare la rilevazione dei parametri vitali come una priorità assoluta, anche se sono le 4 di notte.

Ogni misurazione deve essere fatta con attenzione e tutti i parametri vitali devono essere valutati nel loro insieme, senza tralasciare nulla.

Un'adeguata registrazione e monitoraggio dei parametri vitali non solo protegge il paziente, ma tutela anche l’infermiere, che può così giustificare ogni decisione presa in caso di complicanze. Oggi, come ieri, una semplice telefonata al medico non deve essere vista come un disturbo, ma come un atto di tutela per il nostro assistito.

Non dobbiamo avere paura di chiedere aiuto o di segnalare qualcosa che ci sembra fuori posto. Il nostro compito non è solo quello di svolgere le manovre con tecnica, ma di farlo con la consapevolezza di come ogni singola azione possa influenzare l’esito del trattamento.

Conclusioni

Questa sentenza ci insegna una lezione importante: la gestione del rischio, la corretta rilevazione dei parametri vitali e la comunicazione tempestiva con il medico sono fondamentali per evitare complicazioni gravi.

Soprattutto, ci ricorda che ogni decisione, anche se apparentemente insignificante, può avere ripercussioni legali e professionali significative.

Come professionisti della salute, dobbiamo imparare a fare attenzione a ogni dettaglio e a non sottovalutare mai il benessere del paziente.

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