La gestione dell'errore in contesti ad alta complessità e stress, come le sale operatorie o i reparti di terapia intensiva, rappresenta una delle sfide cruciali per la sicurezza del paziente (patient safety).
Comprendere come i singoli operatori sanitari reagiscono a un evento avverso o a un quasi-errore (near miss) è fondamentale per costruire organizzazioni resilienti e capaci di apprendere.
Superando modelli organizzativi generici, la letteratura scientifica sui fattori umani (human factors) offre quadri interpretativi specifici per l'ambito clinico.
Questo articolo presenta una classificazione integrata delle risposte individuali all'errore, distinguendo tra reazioni orientate al sistema e reazioni focalizzate sulla dimensione interiore del professionista.
1. Un modello a due assi: focus e natura della risposta
Le reazioni individuali all'errore possono essere mappate lungo due dimensioni principali, che permettono di classificarle in modo sistematico:
- Focus della risposta: Indica se l'azione è diretta verso l'esterno (il sistema, il team, il processo di lavoro) o verso l'interno (la gestione del proprio vissuto emotivo e psicologico).
- Natura della risposta: Distingue tra un approccio costruttivo/proattivo, che mira al miglioramento e all'apprendimento, e uno distruttivo/passivo, che perpetua lo status quo o peggiora la situazione.
Combinando questi assi, emergono quattro macro-categorie di comportamento che delineano il repertorio di risposte possibili.
2. Risposte orientate al sistema: tra "voce" e "silenzio"
Questa categoria descrive come l'operatore interagisce con l'ambiente di lavoro in seguito a un errore, sia esso proprio o altrui.
2.1 Voce attiva (risposta costruttiva - speaking up)
Rappresenta la reazione più funzionale per la sicurezza organizzativa. L'operatore sceglie di comunicare attivamente per prevenire, intercettare o mitigare un danno. Le sue manifestazioni includono:
- Segnalazione formale (incident reporting): l'utilizzo di sistemi di segnalazione aziendali per documentare l'evento. Questo permette all'organizzazione di analizzare i dati in modo aggregato e identificare le vulnerabilità latenti del sistema.
- Comunicazione assertiva nel team: l'intervento diretto e in tempo reale per correggere un'azione rischiosa, ad esempio mettendo in discussione una decisione (challenge) o invocando protocolli di arresto della procedura.
- Debriefing e analisi collettiva: la promozione di una discussione aperta e non punitiva sull'errore all'interno del team, al fine di apprendere collettivamente e rafforzare la sicurezza psicologica (Edmondson, 1999).
2.2 Silenzio e inazione (risposta distruttiva - silence)
Il silenzio è una delle principali barriere al miglioramento della sicurezza. L'operatore, pur riconoscendo il problema, sceglie di non intervenire. Le cause sono molteplici e spesso legate a una cultura organizzativa fragile.
- Omissione della segnalazione: evitare di riportare l'errore per paura di colpevolizzazione, ritorsioni, o per la percezione che la segnalazione sia inutile.
- Comportamenti di copertura (cover-up): l'occultamento attivo dell'errore per proteggere sé stessi o un collega, minando la trasparenza e la fiducia.
- Normalizzazione della devianza (normalization of deviance): l'accettazione passiva di pratiche rischiose o di scorciatoie come "normali", erodendo progressivamente gli standard di sicurezza.
- Uscita (exit): la decisione di abbandonare il reparto, l'ospedale o la professione, come risposta a un ambiente percepito come non sicuro o non supportivo.
3. Risposte orientate a sé stessi: il fenomeno del "second victim"
Il costrutto di "seconda vittima", introdotto da Albert Wu (2000), descrive l'impatto psicologico ed emotivo che l'errore ha sul professionista sanitario coinvolto. La risposta individuale diventa qui un percorso di elaborazione del trauma (coping).
3.1 Coping adattivo (risposta costruttiva)
L'operatore mette in atto strategie funzionali per metabolizzare l'esperienza e integrarla nel proprio percorso professionale.
- Ricerca di supporto: la condivisione dell'accaduto con pari (peer support), mentori o specialisti della salute mentale. Questo mitiga l'isolamento e il senso di colpa (Scott et al., 2009).
- Riflessione e apprendimento: un'analisi critica e onesta del proprio ruolo nell'evento, finalizzata a trarre insegnamenti per il futuro anziché a una sterile auto-flagellazione.
- Utilizzo di risorse istituzionali: l'accesso a programmi di supporto formalizzati dall'organizzazione, qualora disponibili.
3.2 Coping disadattivo (risposta distruttiva)
L'operatore adotta strategie che non risolvono il trauma e possono compromettere il suo benessere e la sua lucidità professionale.
- Ruminazione e autocritica: l'ossessione sull'errore, con sentimenti pervasivi di vergogna e inadeguatezza che possono sfociare in ansia, depressione o burnout.
- Isolamento: l'evitamento di colleghi e di situazioni cliniche che possano rievocare l'evento, con un conseguente ritiro sociale e professionale.
- Sintomi post-traumatici: lo sviluppo di un quadro assimilabile al disturbo da stress post-traumatico (PTSD), con flashback, ipervigilanza e disturbi del sonno.
Conclusione
La risposta di un operatore sanitario a un errore non è un evento monolitico, ma un processo complesso che si muove tra la dimensione sistemica e quella individuale. Le organizzazioni sanitarie hanno la responsabilità di creare una cultura della sicurezza che incoraggi le risposte costruttive—come la "voce attiva" e la ricerca di supporto—e scoraggi quelle distruttive, come il silenzio e l'isolamento.
Riconoscere l'esistenza del fenomeno della "seconda vittima" e implementare programmi di peer support non è solo un dovere etico verso i propri professionisti, ma un investimento strategico per la sicurezza dei pazienti. Solo promuovendo la sicurezza psicologica è possibile trasformare l'errore da un evento da nascondere a una preziosa opportunità di apprendimento collettivo.
Per saperne di più scarica la ricerca estesa in pdf: Classificazione delle Risposte Individuali all'Errore in Ambienti Clinici ad Alta Complessità: Un'Analisi Sistemica tra Fattori Umani, Impatto Psicologico e Strategie di Supporto469.42 KB effettuata il 24 agosto 2025
Bibliografia:
- Edmondson, A. C. (1999). Psychological safety and learning behavior in work teams. Administrative Science Quarterly, 44(2), 350–383.
- Leape, L. L., Brennan, T. A., Laird, N., Lawthers, A. G., Localio, A. R., Barnes, B. A., ... & Hiatt, H. (1991). The nature of adverse events in hospitalized patients. Results of the Harvard Medical Practice Study II. New England Journal of Medicine, 324(6), 377-384.
- Okuyama, A., Wagner, C., & Bijnen, B. (2014). Speaking up for patient safety by hospital-based health care professionals: a literature review. BMC Health Services Research, 14(1), 61.
- Reason, J. (2000). Human error: models and management. BMJ, 320(7237), 768–770.
- Scott, S. D., Hirschinger, L. E., Cox, K. R., McCoig, M., Brandt, J., & Hall, L. W. (2009). The natural history of recovery for the healthcare provider "second victim" after a patient safety event. Quality and Safety in Health Care, 18(5), 325–330.
- Wu, A. W. (2000). Medical error: the second victim. The doctor who makes the mistake needs help too. BMJ, 320(7237), 726–727.
