Infermieri indiani in Italia: ma chi li tratterrà con stipendi bassi e ferie negate?

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L'arrivo in Italia di 10.000 infermieri indiani costerà decine di milioni di euro, ma risolverà davvero i problemi? I costi saranno enormi e chi li pagherà? Il ministro Schillaci o le Aziende Sanitarie?

Quando c'è carenza di infermieri, i primi a soffrire sono gli infermieri stessi, perché le ferie sono la prima cosa che salta, lo stress aumenta e le malattie pure.

Quegli infermieri indiani, poi, davanti alle lusinghe di un contratto, quando si accorgeranno che in Italia quello che è un diritto costituzionale del lavoratore, per gli infermieri del pubblico impiego non vale, se ne andranno.

L'arrivo degli infermieri dall'India avrà un costo economico e umano non indifferente.

Il costo economico sarà rappresentato da voci come:

  • il corso di lingua;
  • il viaggio;
  • l'intermediazione dei recruiter;
  • la certificazione della conoscenza dell'inglese sanitario da parte degli OPI.

A questo si deve aggiungere l'alloggio, perché se in una città arrivano centinaia di richieste contemporaneamente, sarà impossibile trovare affitti a prezzi umani e le aziende sanitarie dovrebbero trovare delle disponibilità prima dell'arrivo degli infermieri.

Il costo per avere un singolo infermiere dall'India può essere di diverse migliaia di euro e chi lo pagherà? Il Ministro o le singole aziende sanitarie?

A questo aggiungiamo il costo umano, che è poi rappresentato dalla sofferenza che causeremo a un paese come l'India, dove la sanità è frammentata e la carenza di infermieri si tradurrà in assenza di servizi e quindi malattie gravi e morti.

La devastazione che i paesi ricchi provocano cercando infermieri nei paesi con un SSN debole è spiegata bene nell'editoriale "Importare infermieri dall’estero: soluzione o problema?" Anna Brugnolli, Valerio Dimonte Assist Inferm Ric 2024;43(3):101-104 | DOI 10.1702/4338.43230.

In Italia, la differenza tra l'ospedalità pubblica e privata è abissale per i diritti del lavoratore. Da un lato, il lavoro può essere più intenso nel privato rispetto al pubblico, ma dall'altro, le ferie si fanno, altrimenti anche un solo lavoratore può chiamare l'ispettorato del lavoro che fa verifiche e sanzioni al datore di lavoro.

Le aziende sanitarie pubbliche hanno un grande vantaggio rispetto al privato, dato che possono prevedere maggiori flussi di attività anche in presenza di servizi che non sono a personale completo, in virtù del fatto che deve essere erogata una prestazione di salute.

La situazione diventa poi drammatica se il lavoratore prova a pianificare qualcosa in alcune realtà, perché non c'è il turno mensile o le ferie durante l'anno sono definite "richiamibili" e confermate il giorno prima.

Questa situazione, associata a uno stipendio che in molte realtà non corrisponde alle responsabilità richieste, contribuisce alla disaffezione verso la professione.

La professione infermieristica, rispetto agli altri lavori, è quella con meno rispetto della libertà. Se l'infermiere va all'estero, o se va nel privato, o se prova a chiedere una mobilità, viene dipinto come un traditore della patria.

Le normative e i contratti, poi, confermano questa situazione: il blocco della mobilità di 5 anni è previsto per legge, mentre il contratto prevede che le aziende sanitarie e gli ospedali che adottano il CCNL Sanità debbano fare una mobilità annuale, articolo ignorato e i sindacati non dicono nulla.

L'art. 63 del CCNL Sanità 2019-2021 al comma 2 riporta:

b) il bando, da emanarsi con cadenza annuale e pubblicato sul sito web aziendale, riportante i profili ricercati dall’Azienda, indica procedure e criteri di valutazione;

Ovviamente sono poche le aziende sanitarie che effettuano mobilità.

Quando poi guardiamo la Costituzione italiana, che è considerata la massima espressione della civiltà, vediamo che l'articolo 36 recita:

"Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi."

Quindi, davvero crediamo che gli infermieri indiani, una volta qui, resteranno in Italia a lungo, anziché trasferirsi in Germania o in Inghilterra?

Mancano infermieri, ma quando anche lo studente di infermieristica, facendo tirocinio, sente di infermieri che non si indignano per l'accumulo di ferie e sente di gente che va in pensione astenendosi dal lavoro anche 6 mesi prima per le ferie non godute, davvero può riuscire a pensare che quello è il suo futuro?

Quindi le aziende sanitarie faranno migliori accordi per gli infermieri o riorganizzeranno il lavoro degli infermieri concentrandoli sull'assistenza?

Il contratto lo consente, potrebbero aumentare le indennità giornaliere e tanto altro; alcune realtà al nord ci provano.

Io penso che, invece, molte aziende sanitarie preferiranno usare lo stato di crisi per continuare a tenere la condizione degli infermieri in una situazione che viola perfino la Costituzione e fare accordi per importare infermieri/manodopera dall'estero.

Questa situazione critica alimenta una spirale negativa che spinge gli infermieri a disamorarsi della professione.

Gli infermieri indiani reclutati su iniziativa del ministro Schillaci, alla vista degli stipendi e dell'organizzazione del lavoro, probabilmente non faranno eccezione: anche loro potrebbero scegliere di andarsene.

Forse l'unico aspetto positivo sarà che l'Europa beneficerà di infermieri esperti formati in Italia.

 

Foto di Pixabay

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