Quando un collega si suicida è un dramma che non sappiamo, non possiamo o non vogliamo affrontare, perchè fa male, perchè siamo impotenti.
Purtroppo è già successo, non possiamo più farci nulla, forse non accadrà più, in fondo non è colpa mia, quando ti capita che un collega scompare prematuramente fa male, ma siamo infermieri e sappiamo nascondere il dolore. Non tutti allo stesso modo.
Davvero non è colpa di nessuno, o è colpa di tutti?
Stiamo più ore al lavoro che con i nostri cari.
Eppure noi che passiamo una vita con la sofferenza dei nostri assistiti non riusciamo a vedere la sofferenza di chi è al nostro fianco, di chi come noi lavora ogni giorno per aiutare il prossimo.
Dobbiamo per forza diventare duri e cinici per affrontare il quotidiano sempre più frenetico, sempre più aziendalizzato e senza obiettivi chiari? Forse si.
Facendo questo perdiamo di vista chi ci sta vicino, perdiamo di vista la nostra natura, oggi nessuno si indigna più e tutti scaricano le proprie frustrazioni in un social che mangia tutto e dopo tutti felici.
La realtà è un' altra, viviamo in una società sempre più sola,
dove migliaia di contatti non fanno un amico vero,
dove per morire basta un computer che faccia uscire i numeri sbagliati.
Io non riesco ad immaginare un dolore di vivere tanto grande che porti una persona a togliersi la vita.
Come non riesco a comprendere la cecità nel non riconoscere che quando quel gesto è fatto sul luogo di lavoro è in quel luogo che è cresciuto un male interiore devastante.
Non una, ma tante riflessioni sono d'obbligo, con l'unica conclusione che si deve agire e un problema emerge: l'azione necessaria sarebbe quella di spendere soldi per il benessere dei lavoratori e la riflessione finisce.
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Foto di Goran Horvat da Pixabay
