Nella ambito delle tecniche infermieristiche ci è stato insegnato a che l'obiettivo è fare bene fare la cosa giusta, ma se viene definito con troppo rigore il giusto risultato ne consegue che tutte le varianti sono sbagliate.

L'errore nella definizione comune è spesso considerato equivalente a sbagliato, eppure è presente ogni giorno nel nostro lavoro e facciamo degli aggiustamenti importanti nel nostro agire professionale grazie alla sua esistenza, ma non dimentichiamoci che ignorarlo è pericoloso.

Premessa: non è un testo accademico, intelligente o letterario, solo una riflessione da infermiere sull'errore nell'agire quotidiano.

Ci accorgiamo dell'errore nel nostro agire quotidiano quando abbiamo delle situazioni conclamate e tangibili che hanno degli effetti sugli altri.

E l'osservazione che capita di sentire, ma a me non capiterà mai.

L'errore esiste, tante discipline scientifiche che hanno bisogno di precisione hanno analizzato l'errore, fisica, ingegneria hanno sviluppato tecniche di analisi matematica dedicate alla valutazione dell'errore e alla sua stima, ed il risultato sono grattacieli, o microprocessori, una precisione incredibile è indispensabile e raggiungibile solo se si calcola l'errore.

Nella nostra professione la presenza dell'errore ha subito un atavico rifiuto con la conseguenza che dobbiamo fare sempre tutto giusto e gli errori dove finiscono.

Concettualmente la presenza dell'errore nell'agire quotidiano è negata infatti viene relegata a discipline specifiche che si occupano di mettere in luce l'errore.

Negli anni 90 si usavano i protocolli, erano dei copia incolla di testi, realizzati da chi non aveva idea di cosa stava scrivendo, il risultato è che il collega anziano ti diceva, "qui ci sono i protocolli, leggili tutti, in caso di problemi, se te lo chiedono tu hai fatto così" questo per due ragioni c'era la richiesta assurda di fare tutto giusto e la seconda la consapevolezza che quando ti trovavi davanti al caso reale dovevi decidere.

Oggi c'è lo standard iso che ha influenzato il sistema di protocolli procedure infermieristiche e nei documenti redatti si ammette implicitamente l'esistenza dell'errore e si cercano delle strategie per compensarlo, richiede di inserire le eccezioni, e nelle procedure complesse richiede anche la presenza di un glossario delle definizioni, di dare le motivazioni dei passaggi, proprio per ridurre l'errore di comprensione del documento stesso e arrivare ad un obiettivo.

Durante la realizzazione delle procedure ci si trova davanti al caso reale e allora o la procedura è sbagliata o lo è la persona che abbiamo difronte.

Il nostro assistito non lo possiamo cambiare quindi dobbiamo fare un adattamento della tecnica e scegliere.

La scelta che compiamo quando adattiamo una procedura al caso reale o scegliamo il 1/4 di pillola da dare è sempre quella di fare l'errore più piccolo possibile (quindi di sbagliare il meno possibile).

Se l'errore è una costante ci sono due situazioni principali o lo si ignora o lo si accetta e ci si adatta ad imparare.

 

Ignorare l'errore

Ignorarne l'esistenza comporta alcune situazioni:

-si possono lasciare in essere situazioni di pericolo potenziale,

-si può fare una catena di errori,

-non ci si riesce ad inserire in un contesto lavorativo.

 

Alcuni esempi, il neonato che muore perchè il latte è stato collegato a un CVC, nessuno aveva notato che il raccordo era uguale?

Oppure il medico non prescrive l'eparina sc, e nessun infermiere o medico si sente di informare il medico responsabile della terapia, perchè forse che il medico non sbaglia mai?

Oppure sbagliare i dati anagrafici, perchè si è nati il 10/06 e a pc compare prima l'omonimo nato l'1/06 e tutti i dati sono sbagliati.

L'errore non necessariamente porta a danni, pensate a quante terapie sono illeggibili.

Negare l'errore o di essere umanamente fallibili porta inevitabilmente a non ammettere che non si ha capito una calligrafia illeggibile e si somministra la prima cosa simile, con il risultato che potrebbe non accadere nulla ma ci potrebbero essere degli effetti disastrosi.

L'unico modo di non sbagliare è sempre quello, non lavorare, ovvero non essere parte in causa nella sequenza di eventi che porta alla realizzazione di una tecnica o di una terapia.

Pensare di non sbagliare mai fa si che si corra il rischio di andare in analisi.

Ignorare l'errore significa che questi può crescere e colpire quando meno ci se lo aspetta.

Affrontare l'errore

Considerare l'ipotesi che la possibilità di errore sia sempre presente quali sarebbero le conseguenze di un agire professionale?

Se una richiesta non viene capita si chiedono chiarimenti.

Se una situazione standardizzata fatta 100 volte ha delle eccezioni si chiedono informazioni aggiuntive.

Se c'è una situazione atipica si chiede aiuto si chiedono suggerimenti..

Un errore episodico e atipico può diventare un esperienza condivisa con i colleghi.

Le situazioni di pericolo ed errore vengono notificate, scritte a pennarello più grandi sulla scatola dei farmaci, avvisi prima di prendere un prodotto o presidio.

Le situazioni in cui cerchiamo di compensare l'errore sono molte e ci ricordano che l'errore è sempre presente ma ci fanno crescere e abbattere gli errori successivi.

L'errore non si affronta da soli, per le piccole cose del nostro agire, ma anche in team, con condivisione di saperi e suggerimenti reciproci.

L'errore esiste, perchè?

Semplice è nella natura delle cose, dei presidi che utilizziamo che hanno possibilità e limiti, in noi stessi a volte ne abbiamo conoscenze e addestramento limitati perchè di uso poco frequente o sono presidi non ergonomici.

Siamo esseri umani, abbiamo una memoria limitata e se facciamo una cosa 1 volta all'anno forse qualcosa si è perso e dall'altra parte se facciamo la stessa cosa 100 volte al giorno di sicuro per 99 volte facciamo bene e poi c'è almeno 1 errore, non siamo macchine e il caso ci mette lo zampino.

Provate a riflettere, oggi al lavoro quante volte avete rischiato di sbagliare?

Nessuna?

Ma come mai, dato che è statisticamente impossibile, non ci avete fatto caso o l'avete già rimossa dai ricordi?

Come è stata la giornata, ci sono situazioni frenetiche in cui si rischia di sbagliare di fare l'errore per troppa velocità di lavoro, per l'azione di disturbo dei visitatori, per la contemporanea presenza di richieste.

Oppure situazioni tranquille in cui cala l'attenzione e l'errore incombe.

Ma se ci dovete pensare molto, rendetevi conto che c'è stato un inprinting professionale che vi aiuta a negare l'errore, come esserne certi?

Domani al lavoro pensate a quello che fate e vi accorgete che trovate i probabili errori e che erano gli stessi di oggi allora ho ragione e una conferma è gradita.

 

Come si reagisce all'errore, se sappiamo che nel nostro lavoro possiamo trovarci davanti a degli errori come reagiamo per prevenirli o dopo che accadono?

C'è chi ignora l'errore, nega a tutti i costi la possibilità di sbagliare e vi accorgete che è così convinto che lo fa a livello inconscio ed è pronto a partire perchè è capace di fare le tecniche più disparate e complicate.

Lasciatelo andare, se non potete dirgli nulla, dovrete confrontarvi casi alla mano altrimenti non vi crede, in generale mi dispiace ma diffido da chi non sbaglia.

C'è chi è abitudinario, pericolosissimo, vi accorgete dell'abitudinario perchè agisce per imitazione senza sapere perchè e alla minima variazione non sa che fare, può capitare con il vecchio del posto ma anche con il nuovo arrivato.

L'abitudinario è efficiente salvo problemi ed è diverso dal metodico.

Quando il momento è tranquillo potete capire se uno è abitudinario se aprite una discussione professionale e cercate di capire se sa il perchè se la risposta è mi hanno detto così e faccio così, distinguere un abitudinario dal metodico non è semplice.

C'è che fa harakiri, ricordo una discussione nel forum di una collega perchè aveva fatto un microclisma e poi il centenario era deceduto e si voleva autoflagellare.

In questo caso forse aveva fatto solo un errore di valutazione e la natura aveva fatto il suo corso.

C'è chi lo rimarca con gli scopi sbagliati, avete in reparto il collega che fa le pulci a tutti sugli errori spesso ci mette un aria di vanto perchè a lui non è capitato, e poi quando gli fate notare che fa lo stesso svicola, minimizza, ma poi così fan tutti.

Anche questi colleghi hanno la loro utilità nel prevenire altri errori, però a volte non è il loro scopo dato che non approfondiscono mai gli errori che scovano perchè non li capiscono, e il loro intento è di fare una cortina fumogena preventiva per il loro errori, in questo caso vanno aiutati perchè a loro volta sono a rischio di errori grossi.

C'è chi condivide i casi eclatanti, vuole che ci sia un livello di attenzione elevato, che quando c'è ad esempio un intervento chirurgico fa notare tutti i passaggi per sapere se il team è d'accordo.

C'è chi fa ripassi collettivi, quando ad esempio ci sono interventi chirurgici importanti durante le consegne c'è un ripasso delle fasi principali.

C'è chi sa di essere fallibile e quindi è metodico, nella lettura della scheda di terapia, nell'organizzarsi i prelievi.

Avere un metodo consente di poter tornare indietro e ricordare meglio i passaggi, consente di ricordare le varianti e reagire tempestivamente.

Il metodo avere un metodo di lavoro vuol dire fare delle scelte, avere dei perchè agisci in quel modo.

C'è chi fa una ricerca continua, un analisi del proprio agire e cerca di restare aggiornato, imparando dai testi dalle linee guida ma anche dalle tecniche dei colleghi, muoversi o atteggiarsi in un modo o in un altro ha una certa efficacia nel risultato.

C'è chi sente la sindrome del nuovo arrivato, questo capita sia quando si viene assunti o quando si cambia reparto.

Questa sensazione è fortissima se si è consapevoli dei propri limiti e delle proprie possibilità, tutti i meccanismi di attenzione dell'errore si attivano quindi ci si trova che nel giro di giorni o mesi non si commettono gli stessi errori.

La sindrome del nuovo arrivato l'abbiamo passata tutti e forse non la capivamo ma è il punto che ci conferma l'impermanenza dell'errore.

Definizione di impermanenza

Questo termine si riferisce alla nozione buddista secondo cui tutte le cose del samsara sono impermanenti. Una volta create, decadono e muoiono. Anche se questo è particolarmente vero per le malattie e la morte, l'idea si riferisce alla natura di tutte le cose. È una delle cause della sofferenza ed è considerato uno dei tre segni di esistenza. (tratto da esopedia.it)

Senza entrare nello specifico esoterico, l'errore subisce questo effetto, se noi accettiamo che esiste lo capiamo e lo affrontiamo ogni giorno, questo si degrada e migliora la nostra capacità di rispondere alle situazioni che possono portare ad un errore, per quell'errore facciamo delle esperienze diverse che ci aiuteranno a non temerlo.

La nostra capacità di affrontare un errore poi fa si che a sua volta ne compaiono di nuovi che dobbiamo affrontare un pò come nella vita fra preda e predatore, quando riusciamo a cacciare un errore ne arriva uno che ha sviluppato degli aspetti diversi, di solito cambiano i prodotti o l'organizzazione del lavoro.

Concludo

Se siete arrivati fin un enorme grazie per la pazienza spero di non avervi annoiato, dire che siamo esseri umani e che l'errore è una componente normale della nostra professione è difficile da spiegare in termini positivistici soprattutto quando è considerato sbagliato.

Ma tutti passiamo da un momento scolastico di sicurezza della tecnica e delle conoscenze ad un momento di impatto, di applicazione dei concetti e di scoperta degli errori e solo accettando che esistono gli errori li possiamo misurare, capire e dare risposte pronte e sicure.

E' importante conoscere gli errori che accadono nel proprio contesto lavorativo perchè un errore ne nasconde altri e questo ci consente di portarli alla luce, degradarli e scoprire quelli che si nascondono dietro ed offrire ai nostri assistiti un agire professionale sempre migliore.

 

 

Franco Ognibene