Il reperimento di un accesso venoso è una delle tecniche più frequenti se da un lato possiamo pensare sempre a come migliorarci nella pratica che fare quando sbagliamo?
Capita di sbagliare un prelievo o il reperimento di una vena c'è un modo migliore di un altro per gestire la situazione?
Spesso non si ammette di non essere in grado di reperire una vena e si usa la scusa più ovvia che viene in mente e si dice "lei ha delle brutte vene", nessuno ammette di non riuscire.
Non ammettiamo mai o quasi di non essere in grado di reperire una vena come se questo sminuisse il nostro essere infermieri.
La nostra buona tecnica possiamo migliorarla riflettendo su cosa facciamo, cosa fanno i nostri colleghi e ricordarci le decisioni e i principi attuati nei casi di successo.
Alcuni articoli per riflettere possono essere:
- CVP, un dettaglio che cambia la tecnica
- Flush e lock nella gestione degli accessi venosi
- L'agocannula con standard avanzati si chiama "BD Insyte™ Autoguard™ SC
- 20 consigli utili per non sbagliare una vena
- Perchè la flebo non scende? parte prima
- Il prelievo venoso può essere effettuato dai CVP?
Si possono scrivere tante pagine per dare suggerimenti per fare meglio per migliorarsi ma prima o poi capiterà di sbagliare, come ci comportiamo?
Dire al paziente "lei ha delle brutte vene, non è colpa mia", non va bene
Siamo noi ad avere l'ago in mano e la responsabilità del successo o dell'insuccesso è solo nostra e di nessun altro, la responsabilità a cui mi riferisco è quella professionale, di fare scelte appropriate.
Quindi abbiamo sbagliato una vena, sia esso un prelievo o il posizionamento di un agocannula dobbiamo riflettere sul perchè è successo:
- il paziente ha le vene fragili,
- il paziente si è mosso,
- il paziente ha un ipotensione,
- il paziente ci coinvolge emotivamente, ad esempio con i bambini,
- la vena non è stata valutata bene e con il tatto o la vista non abbiamo capito nulla, ecc..
Ricordarsi il motivo di un errore è il primo modo per migliorarsi.
Quando sbagliamo una vena rifacciamo una valutazione il paziente di solito non ha nulla in contrario se riproviamo, in fondo un errore capita.
Quando sbagliamo la seconda cosa facciamo?
Diamo ancora la colpa al paziente o ci assumiamo le nostre responsabilità, facciamo un altro tentativo o passiamo la mano, cosa decidiamo?
Non lo so.
Non posso sapere cosa decidono gli altri non esiste una decisione collettiva come non possiamo sapere se la decisione degli altri è quella giusta, perchè la nostra decisione rientra nelle nostre responsabilità, forse mi ripeto, ma siamo in un contesto relazionale infermiere/assistito ed è una decisione da prendere momento per momento ed è una questione 1:1.
Sbaglio la prima vena.
Cerco di capire perchè, valuto l'altro braccio e a volte si fa la scelta giusta ed immediatamente si fa il prelievo o si posiziona la via.
Sbaglio la seconda.
E adesso?
Facciamo una riflessione quasi statistica, quanti accessi sbaglio al primo colpo?
1 o 2 su 10, potrebbe essere un valore nella norma.
Quanti se ne sbagliano al secondo?
Ovvero se cerchiamo di ricordarci gli ultimi 10 tentativi come è andata?
Abbiamo ancora 1 o 2 errori ogni 10 volte che siamo al secondo prelievo, no di certo, perchè in questi 10 secondi tentativi abbiamo condizioni più difficili e quindi a nostra volta arriviamo ad almeno un 4-5 errori ogni 10.
Sbaglio la terza?
Se ricordi gli ultimi 10 tentativi alla terza volta sullo stesso paziente quanti sono gli errori, dovremmo avere solo un aumento che a seconda delle nostre caratteristiche può arrivare fino a 7-8 errori, quindi la mia scelta è di avere 0 errori al terzo tentativo.
Avere zero errori per il terzo tentativo di posizionamento dell'agocannula è possibile così come è possibile recuperare la fiducia del paziente per il terzo o quarto foro fatto.
Esiste la regola empirica, "non c'è due senza tre" se ne sbaglio due è quasi certo che sbaglio anche la terza.
L'unico modo per non sbagliare il terzo tentativo è congedarsi e dare spazio al collega che entra in gioco sapendo di avere davanti una situazione difficile, la questione è avere la consapevolezza che entrano in gioco componenti relazionali di tensione che alterano la nostra capacità di giudizio.
Congedarsi ed ammettere di essere capace di emozioni, non è una brutta cosa, che non ho piacere a far male e soprattutto introduco il collega che è molto bravo.
Mi ripeto lo so, ma il collega entra in gioco sapendo che si trova davanti a un caso difficile, non è lui che ha sbagliato due volte e non è emotivamente coinvolto, la sua lucidità non è compromessa dall'emotività.
La risposta è negli occhi del nostro assistito, la sua fiducia in noi resta salda.
Se anche il collega sbaglia due volte, si fa intervenire anche il medico e spesso è un medico anestesista.
L'obiettivo è sempre fare l'interesse del nostro paziente/assistito.