I social media sono diventati una cassa di risonanza ineludibile nella vita professionale e personale. Per gli infermieri, piattaforme come Facebook si sono trasformate in un luogo di sfogo, confronto e, troppo spesso, di indignazione generalizzata.
Se da un lato è comprensibile il bisogno di esprimere frustrazioni e denunciare criticità, dall'altro emerge che un atteggiamento critico e spesso distruttivo manifestato online rischia di minare la reputazione e l'autorevolezza della professione infermieristica stessa.
La rete come palcoscenico delle frustrazioni
Gli infermieri operano in contesti complessi e spesso logoranti. Carichi di lavoro eccessivi, demansionamento, carenze di personale, scarsa valorizzazione economica e professionale sono realtà quotidiane che generano malcontento.
Facebook e altri social offrono uno spazio immediato per condividere queste esperienze, trovare solidarietà tra colleghi e amplificare la voce del singolo. Ed è giusto che vi sia un luogo per la denuncia e la discussione costruttiva.
Tuttavia, il confine tra la critica legittima e la lamentela sterile, o peggio, la denigrazione, è spesso labile. Non di rado, gruppi e pagine dedicate alla professione infermieristica si trasformano in veri e propri epicentri di negatività.
Post e commenti traboccanti di rabbia, sfiducia verso le istituzioni, attacchi ai colleghi o ad altre figure professionali, e lamentele continue, dipingono un quadro desolante e disfunzionale della realtà infermieristica.
I rischi di una narrazione negativa online
Questo comportamento critico e spesso "indignato" sui social media, pur partendo da motivazioni reali, può avere effetti deleteri sulla professione nel suo complesso:
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Danneggiamento dell'immagine professionale: una costante narrazione di insoddisfazione e rancore crea un'immagine pubblica dell'infermiere come figura perennemente scontenta, frustrata e incline alla lamentela. Questo contrasta con l'immagine di professionalità, dedizione e cura che la professione dovrebbe veicolare. Il pubblico esterno – pazienti, famiglie, ma anche decisori politici – percepisce un ambiente lavorativo disfunzionale e un corpo professionale demotivato, minando la fiducia e il rispetto.
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Perdita di autorevolezza e credibilità: quando la critica degenera in un attacco generalizzato o privo di proposte costruttive, la voce degli infermieri perde di peso. Le argomentazioni valide rischiano di annegare in un mare di lamentele, rendendo difficile distinguere i problemi reali dalle semplici sfoghi. Questo può portare a una minore considerazione delle istanze professionali da parte di chi ha il potere di incidere sui cambiamenti.
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Scarsa attrattività: un'immagine pubblica dominata dalla negatività può scoraggiare i giovani dall'intraprendere la carriera infermieristica. Chi sceglierebbe una professione descritta costantemente come un campo di battaglia di insoddisfazioni e frustrazioni? Questo aggrava il problema della carenza di personale, alimentando un circolo vizioso.
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Impatto sul morale interno: la costante esposizione a contenuti negativi può avere un effetto demotivante anche sugli infermieri stessi. Invece di promuovere il sostegno reciproco e la ricerca di soluzioni, la spirale dell'indignazione può generare un senso di impotenza e disillusione, erodendo la resilienza necessaria per affrontare le sfide quotidiane.
Oltre l'indignazione: costruire un cambiamento positivo
È indubbio che sia nostro dovere denunciare le problematiche che affliggono la nostra professione. Tuttavia, questa denuncia non può e non deve rimanere fine a sé stessa.
Per essere davvero costruttiva, deve essere accompagnata da proposte concrete, da un dialogo aperto e, soprattutto, da un'immagine che, pur riconoscendo le difficoltà e le sfide quotidiane, sappia mettere in risalto il valore intrinseco della professione infermieristica e l'impegno costante e spesso silenzioso che ogni infermiere profonde.
Questo significa, in pratica, diverse cose:
- Canalizzare l'indignazione in proposte: è essenziale trasformare il legittimo sfogo, magari derivante dalla frustrazione quotidiana, in azioni concrete. Questo si traduce nel sostenere attivamente le organizzazioni professionali e sindacali che lavorano strenuamente per ottenere un cambiamento reale e tangibile nelle nostre condizioni di lavoro.
- Promuovere le buone pratiche: dobbiamo impegnarci a condividere più spesso le esperienze positive, i successi assistenziali e, in particolare, l'impatto trasformativo e positivo che la relazione di cura ha sui pazienti e sulle loro famiglie. Questo ci permette di dimostrare l'eccellenza, la dedizione e la professionalità che contraddistinguono la stragrande maggioranza degli infermieri.
- Responsabilità nella comunicazione: essere consapevoli che ogni post, ogni commento che pubblichiamo sui social media o in altri contesti pubblici, contribuisce in modo significativo a formare l'immagine collettiva della nostra professione. Per questo, dobbiamo evitare categoricamente attacchi personali, linguaggi aggressivi o denigratori che possono solo nuocere alla reputazione e alla credibilità della categoria.
- Educazione all'uso etico dei social: promuovere attivamente la conoscenza del nostro Codice Deontologico e delle linee guida specifiche sull'uso dei social media in ambito professionale. Questo ci aiuta a navigare nel mondo digitale con maggiore consapevolezza e responsabilità, proteggendo noi stessi e la professione.
L'indignazione sui social media può essere un segnale di allarme importante per i problemi strutturali che affliggono la sanità. Tuttavia, se non gestita e canalizzata in modo costruttivo, essa rischia di diventare un boomerang che colpisce la stessa professione che si intende difendere.
È tempo che svenga utilizzata la nostra voce non solo per denunciare, ma anche per costruire, ispirare e rafforzare l'immagine di una professione essenziale, competente e umana.
L'articolo è stato scritto con l'aiuto di Gemini pro.
