L'empatia non è un optional, ma la radice stessa della qualità assistenziale, il battito profondo che anima ogni gesto di cura autentica. Per troppo tempo, la formazione in ambito sanitario ha enfatizzato un modello biomedico freddo e distante, sottovalutando quella dimensione umana che pulsa al centro della relazione terapeutica: la compassione, l'empatia, la capacità di sentire l'altro dentro di sé.
Eppure le prove emergenti da recenti revisioni sistematiche parlano chiaro, con una voce che non può più essere ignorata: l'empatia è il filo conduttore che determina la qualità percepita e l'efficacia della cura (Delli Poggi et al., 2021; Sinclair et al., 2021).
In un panorama assistenziale complesso e talvolta lacerante, l'infermiere deve imparare ad ascoltare quella voce profonda che risuona dentro di sé, quel suono dell'anima che orienta naturalmente verso l'altro, che ci ricorda, in ogni istante, perché abbiamo scelto questa professione.
La ricerca lo dimostra con forza: la percezione della qualità dell'assistenza da parte del paziente è significativamente influenzata dalle competenze di comunicazione e di empatia dimostrate sia dagli infermieri professionisti che dagli studenti in formazione (Delli Poggi et al., 2021). Quando l'assistenza è fornita in modo amichevole ed empatico, in particolare in contesti delicati come la pediatria, i pazienti e i loro familiari riportano alti livelli di soddisfazione. Non sono le procedure perfette o i protocolli impeccabili a fare la differenza nel cuore di chi soffre: è quella presenza calda, quella capacità di vedere l'essere umano oltre la malattia, oltre il numero del letto.
Gli aspetti empatici e psicologici della relazione tra pazienti e studenti sono responsabili di una maggiore soddisfazione del paziente (Delli Poggi et al., 2021). La relazione infermiere-paziente, specialmente quella con gli studenti, si costruisce sulla fiducia e sul sostegno reciproco, su quello scambio silenzioso ma potente che avviene quando due esseri umani si riconoscono nella loro comune vulnerabilità. Quando gli infermieri riescono a comunicare efficacemente e a mostrare un comportamento gentile e rispettoso, il livello di soddisfazione aumenta in modo significativo. I pazienti lo sentono, quel calore, quella presenza autentica: e risponde qualcosa dentro di loro, qualcosa che va oltre la guarigione del corpo.
Ma c'è un prezzo da pagare per chi cura con il cuore aperto. L'esposizione continua alla sofferenza umana può erodere questa preziosa capacità, portando alla Fatigue da Compassione, quel lento spegnersi della luce interiore caratterizzato da una diminuzione dell'empatia e un aumento dell'esaurimento emotivo. La meta-analisi di Manzanedo-Moreno del 2025 ci mostra come questo fenomeno influenzi negativamente la qualità della cura, creando un circolo vizioso che allontana progressivamente il professionista da quella voce dell'anima che lo aveva guidato alla professione. Eppure c'è speranza: lo studio dimostra che interventi mirati, che potenziano la resilienza, il benessere emotivo e l'autocura, aumentano significativamente la soddisfazione da compassione e riducono il burnout e la fatica. Non siamo condannati a spegnerci: possiamo imparare a prenderci cura di noi stessi mentre curiamo gli altri.
Mentre scrivo queste righe e leggo gli studi che sto inserendo all'interno di questo articolo, mi viene in mente un ricordo molto, molto forte. Era l'anno 2020, seconda ondata della pandemia. Nel mondo anestesiologico si dibatteva molto sulla tempistica dell'intubazione: quando farla, con quali valori emogasanalitici si doveva procedere oppure se dovesse essere la semeiotica a guidare l'azione... Insomma, esisteva nella comunità scientifica un grande dibattito perché la situazione era tragica e nuova. Oltretutto, le diverse varianti del virus hanno reso il tutto ancora più difficile e caotico. E io, assieme alle mie colleghe e ai miei colleghi, eravamo lì, cercando di fare la nostra parte. In tutto questo caos, nessuno di noi sapeva se i pazienti, una volta intubati, sopravvivessero. Perché di morti ne avevamo già visti tantissimi. Quindi, prima di intubare, noi ci occupavamo di fare la chiamata video WhatsApp con i parenti. Mi viene un nodo in gola, a ripensare a quei attimi: le lacrime, le facce disperate, le voci strozzate di donne e uomini che, nella stragrande maggioranza dei casi,
dicevano addio al loro caro o alla loro cara. Io credo di aver fatto tutto quello che ho potuto. Ho cercato di mettere in campo tutto l'amore, utilizzando molto l'empatia. Ma dopo decine di queste scene strazianti, stavo letteralmente "bruciando". Il mio coinvolgimento emotivo mi stava distruggendo. Tornavo a casa e continuavo a vedere i volti dei familiari e delle persone intubate. Mi svegliavo la mattina, e avevo ancora quelle immagini davanti agli occhi... Sono riuscito ad uscirne solo parlandone tanto, e facendomi aiutare. Sono stato fortunato perché intorno a me ho avuto persone che mi hanno capito.
Questa esperienza personale trova eco e conferma nella ricerca scientifica. Continuando ad analizzare le revisioni sistematiche sugli studenti di infermieristica si rivela qualcosa di straordinario: il paziente, nel contesto dell'apprendimento clinico, diventa molto più di un caso da studiare (Wilson et al., 2023). Gli articoli mostrano che i pazienti tendono a valutare positivamente gli studenti che dedicano maggiore attenzione ai loro bisogni rispetto agli infermieri oberati di lavoro (Delli Poggi et al., 2021). C'è qualcosa di toccante in questa scoperta: gli studenti, ancora freschi di quella motivazione iniziale, ancora vicini al ricordo di perché hanno scelto questa strada, riescono a portare una presenza, un'attenzione che i pazienti riconoscono e apprezzano profondamente. Il coinvolgimento attivo del paziente nel processo di apprendimento arricchisce entrambe le parti: lo studente sviluppa non solo competenze tecniche ma anche quella sensibilità umana che nessun manuale può insegnare, mentre il paziente si sente visto, ascoltato, importante (Wilson et al., 2023).
L'educazione, la disponibilità e la presenza dello studente emergono come i principali fattori che differenziano positivamente l'assistenza fornita, accrescendo la soddisfazione del paziente (Delli Poggi et al., 2021).
Quando entriamo nei territori più difficili della cura, come i contesti di salute mentale acuta e forense, la ricerca qualitativa ci svela una verità profonda: la descalation non è un insieme di tecniche da applicare meccanicamente, ma un processo intersoggettivo e collaborativo, un incontro autentico tra due esseri umani (Price et al., 2024). Lo studio citato mostra che l'efficacia della descalation dipende dalla capacità del personale di essere in sintonia e presente emotivamente, sia con le proprie emozioni sia con quelle del paziente. Il personale deve impegnarsi attivamente per creare una relazione basata sulla fiducia, dimostrando onestà e apertura emotiva. La descalation fallisce quando il personale non riesce a dimostrare fiducia e attenzione alle emozioni del paziente.
Le evidenze sottolineano come gli infermieri debbano mirare a una comprensione profonda e autentica della persona, andando oltre la conoscenza superficiale o le formulazioni morali preconcette (Price et al., 2024). È necessario silenziare il rumore esterno, i pregiudizi, le paure, per poter davvero ascoltare ciò che l'altro sta comunicando, spesso al di là delle parole, attraverso quel linguaggio silenzioso della sofferenza che parla direttamente all'anima.
Nel mondo della cura geriatrica, le revisioni sistematiche ci mostrano come l'empatia diventi ancora più essenziale, più vitale. Le competenze di caregiving includono l'attitudine, l'intenzione, l'autoefficacia e l'empatia, specialmente durante momenti intimi e delicati come l'assistenza al pasto (Liu et al., 2021). Ma la ricerca va oltre, esplorando le esperienze vissute dei caregiver familiari: le meta-sintesi qualitative degli studi sui caregiver di pazienti colpiti da ictus rivelano che questi sono in grado di fornire compassione e cura nonostante le loro profonde difficoltà emotive, ma hanno un bisogno disperato di supporto (Wang et al., 2023). I caregiver esprimono il desiderio di condividere i propri sentimenti, di ricevere orientamento psicologico per rafforzare le loro emozioni positive e alleggerire quel peso fisico e mentale che li schiaccia (Wang et al., 2023). La ricerca ci mostra esseri umani che amano, che soffrono, che resistono, che hanno bisogno di essere visti e sostenuti nel loro percorso.
La revisione sistematica di Sinclair et al., del 2021 sugli interventi educativi per potenziare la compassione nei professionisti sanitari ci offre un quadro ricco e articolato. L'empatia nasce dalla ricerca della comprensione, da quel movimento interiore che ci porta verso l'altro con curiosità autentica. Lo studio mostra come il Motivational Interviewing promuova la cura centrata sulla persona attraverso l'ascolto attivo, la validazione dei punti di vista e l'incoraggiamento del paziente ad agire come agente di cambiamento (Sinclair et al., 2021). Questo approccio migliora la capacità degli infermieri di comunicare con rispetto e collaborazione, facendo sentire i pazienti profondamente accettati per quello che sono.
Le evidenze raccolte da Sinclair et al., sottolineano il potere delle pratiche contemplative, come la mindfulness, nel promuovere sentimenti compassionevoli verso sé stessi e gli altri, aiutando a sintonizzarsi con quella dimensione interiore da cui nasce la vera empatia. Le pratiche riflessive basate sulle discipline umanistiche, come la narrazione e la scrittura, emergono come strumenti potenti per coltivare una consapevolezza più profonda di sé e riconoscere l'umanità condivisa, permettendo di ascoltare più chiaramente quella voce interiore che ci connette agli altri.
Le simulazioni cliniche aumentano significativamente la fiducia degli studenti nel manifestare un atteggiamento premuroso e nell'instaurare relazioni di cura attraverso una comunicazione compassionevole ed efficace, migliorando la comprensione dei bisogni dei pazienti e il rispetto per le loro opinioni.
Quello che emerge da tutto questo corpo di ricerca è un messaggio potente e inequivocabile: l'empatia non è un lusso o un'aggiunta gentile alla cura tecnica, ma il cuore pulsante della professione infermieristica. È quella voce dell'anima che ci guida verso l'altro, che ci permette di vedere la persona intera, sofferente e speranzosa, dietro ogni diagnosi. È quella risonanza profonda che ci ricorda la nostra comune umanità e ci sostiene nei momenti più difficili. La ricerca ci dice che possiamo coltivare questa capacità, nutrirla, proteggerla dall'erosione della fatica quotidiana. E ci dice che quando lo facciamo, quando riusciamo ad ascoltare e seguire quella voce interiore, trasformiamo non solo la vita dei nostri pazienti, ma anche la nostra.
Bibliografia
- Delli Poggi, A., Pintus, G., Dionisi, S., Di Simone, E., Giannetta, N., Di Muzio, M.,... D'Andrea, V. (2021). Impact of nursing students on the quality of care perceived by patients: a systematic review of the literature. European Review for Medical and Pharmacological Sciences, 25(5), 2711–2725.
- Liu, W., Kim, S., & Alessio, H. (2021). Mealtime caregiving knowledge, attitudes, and behaviors for persons living with dementia: A systematic review of psychometric properties of instruments. International Journal of Nursing Studies, 114, 103824.
- Manzanedo-Moreno, M., Salcedo-Sampedro, C., Abajas-Bustillo, R., Martin-Melón, R., Fernández Peña, R., & Ortego-Maté, C. (2025). Interventions to Reduce Compassion Fatigue in Nursing: A Systematic Review and Meta-Analysis of Controlled Studies. International Nursing Review, 72(2).
- Price, O., Papastavrou Brooks, C., Johnston, I., McPherson, P., Goodman, H., Grundy, A.,... Bee, P. (2024). Development and evaluation of a de-escalation training intervention in adult acute and forensic units: the EDITION systematic review and feasibility trial.
- Health Technology Assessment, 28(3).
- Sinclair, S., Torres, M. B., Hack, T. F., & Shrestha, A. (2021). Education interventions to enhance compassion in health care providers: a systematic review. Academic Medicine, 96(7), 1057–1070.
- Wang, L., Liu, J., Wu, L., Zhang, J., & Fang, H. (2023). Caregiving experiences of stroke caregivers: A systematic review and meta-synthesis of qualitative studies. Medicine (Baltimore), 102(20), e33392.
- Wilson, O. W. A., Broman, P., Tokolahi, E., Andersen, P., Brownie, S., & Gunning, M. (2023). Learning Outcomes from Participation in Student-Run Health Clinics: A Systematic Review. Journal of Multidisciplinary Healthcare, 16, 143–157.
