Il sole della relazione

CAPO 1: PRINCÍPI E VALORI PROFESSIONALI

ART. 4 : RELAZIONE DI CURA

“L’infermiere cura creando con le persone una relazione, in cui l’empatia è una componente fondamentale. L’infermiere si fa garante che le persone assistite non siano mai lasciate in abbandono coinvolgendo, con il consenso degli interessati, le persone di riferimento nonchè le altre figure professionali e istituzionali. Il tempo di cura è tempo di relazione”.

Mi chiamo Silvano Biagiola e sono un infermiere

Continuando l’esplorazione del nuovo codice deontologico, arriviamo ad un articolo che, a mio avviso, rappresenta il Sole che si vede all’orizzonte. Camminando verso di esso, abbiamo un punto di arrivo, anche se sappiamo che non potremmo mai raggiungerlo. Così come la Stella che ci permette di vivere sulla Terra, questo princìpio dona vitalità e luce alla nostra professione.

Rispetto all’edizione del 2019, il nuovo articolo mette in risalto una parola: empatia, la capacità di “sentire” emotivamente l’altra persona e stabilire una connessione relazionale basata sull’ascolto, sul dialogo e sul mettersi alla pari, per comprendere profondamente il punto di vista altrui. Inoltre, in questa nuova versione viene invertito l’ordine delle parole nella frase finale. Quindi non più “il tempo di relazione è tempo di cura” ma “il tempo di cura è tempo di relazione”.

Andando oltre la mera semantica, il concetto alla base resta chiaro e potente: con le nostre parole, con la nostra prossimità, con la nostra anima noi possiamo assistere al meglio le persone, contribuendo in maniera determinante al processo di cura della persona presa in carico. Diventiamo un vero riferimento per l’assistito/a, standogli vicino emotivamente, consentendoci quindi di essere il Sole per queste persone, dando luce e speranza.

Questo articolo lo ritengo il più bello di tutti. È potente, chiaro, luminoso e può secondo me far emergere tutto il potenziale della nostra professione. Ed è talmente bello che a me fa rabbia spesso non riuscire a raggiungerlo, esattamente come se camminassi verso il Sole. Perchè dico questo? Perchè esistono nelle realtà ospedaliere molti fattori che allontanano gli infermieri da questo Sole: demansionamento, grande carico di lavoro, poca considerazione da parte delle aziende e dello Stato. Venendo spesso usati per svolgere mansioni che non ci competono (tra l’altro, il mansionario è stato abolito nel 1999, quindi ormai parlare di mansioni non è più corretto), si perde di vista il vero scopo dell’assistenza infermieristica: quello di curare tramite la relazione umana.

Probabilmente, questo punto per me rappresenta una ferita dal quale sgorga molto sangue e che non riesco a curare. Trovo rimedi e medicine che in qualche modo tamponano l’emorragia, ma comunque non riesco a guarire perchè viene spesso creato un altro trauma per i quale i medicamenti che ho applicato perdono la loro efficacia e il sangue rinizia a sgorgare. Non vi nego che ho paura di diventare anemico, se continuo a sanguinare così.

Ma, allo stesso tempo, ho la possibilità di continuare ad applicare qualcosa per fermare questo stillicidio. E posso usare la mia empatia.

Ora che scrivo, mi vengono in mente moltissimi ricordi dove ho cercato di applicare questo princìpio nella mia vita professionale. E a volte con grande successo.

Mi viene in mente un signore di 50 anni, che per convenzione chiamerò P.P fu ricoverato in terapia intensiva Covid nell’ottobre del 2020, durante l’inizio della terribile seconda ondata della pandemia. Il virus lo aveva terribilmente attaccato: dopo qualche giorno di Niv ad alta percentuale di ossigeno, le sue condizioni si aggravarono e fu necessaria l’intubazione endotracheale. Ho avuto la possibilità quindi, di conoscerlo prima che venisse sedato e avevo già avuto modo di assisterlo con la relazione. E non solo io: tutti i miei colleghi e le mie colleghe di allora lo fecero. Ognuno con i suoi modi: sorrisi, parole di conforto, vicinanza emotiva, battute, rassicurazioni. Eravamo un bel team unito, pronto a sostenerci sempre e questo faceva la differenza nell’assistenza. Eravamo veramente il Sole per queste persone, donavamo calore e vicinanza. Veramente curavamo tramite la relazione e l’empatia.

Bene, P combattè contro il virus per quasi tre mesi: venne estubato, poi reintubato, poi di nuovo estubato.... Venne pronato, girato, rianimato... Subì tantissime manovre che gli causarono sofferenza. Ma si salvò, e per molti di noi lui divenne il nostro Sole. Perchè lottò con tutto il suo cuore, e noi siamo stati lì, a permettere che questo avvenisse.

Che gioia ora che lo racconto! E che bello che riconosco, nonostante che io sia ferito nell’anima, quanto la relazione che ho e abbiamo avuto con P gli abbia permesso di uscire fuori dalla malattia.

Gli abbiamo permesso di camminare verso il Sole. Ogni tanto P ancora lo sento, con qualche messaggio su Whatsapp... Porta con sè purtroppo gli strascichi di quel periodo, ma è vivo e contento di essere vivo. E mi ringrazia ancora per quello che abbiamo fatto, in quella buia terapia intensiva.

Quindi, è vero che il Sole non potrò mai raggiungerlo... Ed è vero che purtroppo in Italia siamo messi piuttosto male per quanto riguarda le unità infermieristiche negli ospedali e nel territorio... Credo che questo quindi sia un problema per cercare di applicare questo articolo a tutte le persone che assisto...

È anche vero che se continuo a camminare verso il Sole comunque da qualche parte arriverò, perchè Lui mi dà la forza per raggiungere sempre nuovi posti e percorrere nuove strade.

Quello che penso di questo articolo? Beh... È il mio Sole. Sta a me decidere quanto sono disposto a seguirlo.

E io scelgo di seguirlo, nonostante le mie ferite. Sono sicuro che mi permetterà di vedere paesaggi incantevoli, che renderanno la mia mente e il mio cuore gonfi di belle emozioni.

Vi auguro il meglio care colleghe e cari colleghi, sempre. Dott. Silvano Biagiola.

 

Foto di Pixabay

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