Il caso Mori è un contenzioso arrivato in tribunale, che ha trattato il caso di un infermiere dipendente di un ente pubblico, che ha fatto causa all'ente stesso perchè demansionato nelle sue attività lavorative quotidiane.
Vorrei far notare alcune cose: l'infermiere si è assunto la responsabilità di chiedere che venissero rispettati i propri diritti e che il contenzioso riguarda le attività quotidiane decise dall'equipe e protocollate dall'azienda sanitaria.
La sentenza presente nel sito dell'associazione di avvocatura degli infermieri (ADI) è molto interessante e nel mio piccolo la leggo con semplicità.
Prima cosa, complimenti al collega Mori che ha scelto di andare a processo nonostante fosse solo, sicuramente decine o centinaia di colleghi potevano fare come lui ed essere presenti fra i ricorrenti, ma sono rimasti alla finestra a guardare.
Seconda cosa, di nuovo complimenti per l'aver portato in evidenza che il primo motivo è la diminuzione dell'assistenza che poteva erogare al paziente dovuto all'assenza dell'OSS.
L'azienda sanitaria che utilizza l'infermiere e non assume un OSS in turno risparmia decine di migliaia di euro, ma visto che per coprire una posizione in un turno h24 ci volgiono almeno 5 OSS, allora l'azienda sanitaria risparmia centinaia di migliaia di euro ogni anno.
La disamina è molto interessante perchè dal lato pratico torna indietro di oltre 10 anni, anni in cui doveva esserci la figura dell'OSS ma invece non era stata introdotta e il collega Mori ha lavorato come OSS.
Tutto normale?
Nella sentenza le convinzioni dei dirigenti che hanno semplicemente descritto quanto sempre detto da tutti, visto che l'infermiere deve sapere che il paziente va alimentato e tenuto pulito allora lo deve fare ed in mancanza dell'OSS i dirigenti hanno confermato che era l'infermiere a fare tutto.
La sentenza è molto interessante nel passaggio finale che riporto:
Il ricorrente, quindi, non può esercitare a tempo pieno esclusivamente le mansioni proprie della categoria di appartenenza, dovendo sopperire direttamente e personalmente alla mancanza o carenza di personale ausiliario. Tanto appare in contrasto con il precetto dell’art. 2103 c.c. potendo attribuirsi ad un lavoratore mansioni caratteristiche di lavoratori inquadrati in livelli inferiori solo se si tratti di mansioni marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle sue proprie (cfr. Cass. civ. sez. lav., 22/05/2018, n. 12551; Id., 07/08/2006, n. 17774). Ad esempio, non può dolersi l’infermiere se, stante una eccezionale e contingente assenza di personale ausiliario, debba provvedere ad aiutare un paziente ad alimentarsi anche laddove non vi siano particolari situazioni di rischio.
Deve perciò riconoscersi il diritto del ricorrente di svolgere esclusivamente le mansioni proprie della categoria di inquadramento, con mera facoltà di valutare, in ragione delle proprie conoscenze scientifico-professionali, se sia necessario intervento diretto nel compimento di atti che ordinariamente devono essere eseguiti dal personale di categoria inferiore.
Deve quindi condannarsi la convenuta ad assegnare al lavoratore in via esclusiva mansioni corrispondenti alla categoria D, con profilo di “infermiere: DM 739/94” del c.c.n.l. per il personale non dirigente della Fondazione.
La sentenza è scaricabile dal sito https://www.aadi.it/ ed è chiara, se manca l'OSS il datore di lavoro sta causando un demansionamento e deve indennizzare il lavoratore.
Il collega Mori non ha inventato nulla di nuovo ha descritto il suo lavoro senza la presenza dell'OSS ed organizzato dalla direzione pensando che in fondo se l'infermiere studia come fare il letto o l'igiene non è per supervisionare l'OSS ma è per farlo quotidianamente nelle proprie attività, come dire che se il medico sa scrivere la terapia se manca un infermiere il medico deve somministrare la terapia, un affermazione che nella testa di tutti stona, ma quella dell'infermiere/OSS invece è accettata.
In pratica i testi a difesa dell'azienda sanitaria hanno confermato quanto previsto nelle attività lavorative quotidiane, stessa cosa ha dichiarato Mori e i testi hanno "confessato" di avere tenuto l'infermiere in condizioni di demansionamento.
Il giudice ha quindi deciso per un indennizzo di 6000 euro per ogni anno arrivando alla cifra di 61.000 euro a cui si aggiungono le spese legali.
Il primo caso e forse il più eclatante e le domande sorgono spontanee.
Ma se fossero stati in dieci o 100 a far ricorso l'azienda avrebbe pagato caro l'aver risparmiato sugli operatori socio sanitari?
Ma oggi i colleghi che non hanno fatto ricorso possono ancora farlo?
I sindacati saranno dalla parte dei lavoratori o nel prossimo contratto includeranno una clausola di "condono" per le aziende sanitarie?
La domanda più importante è se ci devono essere binari separati per le carriere, dirigenziale, universitaria e le funzioni in seno all'OPI, che sia mai che uno faccia il dirigente e sia influenzato nella sua attività didattica e nell'OPI.
L'infermiere deve agire secondo scienza e coscienza, ma oggi in Italia siamo abituati che insegna di più la giurisprudenza della scienza e questa sentenza potrebbe o dovrebbe essere un insegnamento per gli infermieri che devono avere più fiducia in se stessi e per le aziende sanitarie che devono investire nella crescita della professione e nel ricoscere che ogni settore è una specializzazione infermieristica. Invece di conoscere e riconoscere le capacità di un professionista e metterlo in grado di lavorare si continua nella logica di risparmiare a tutti i costi per avere qualche soldo nella cassa degli incentivi di produttività che spesso sono maggiori per i dirigenti che per chi realmente è a contatto con il paziente.
Complimetni al Professor Mauro di Fresco e all'avvocato Itali Crispino per i risultati ottenuti.
Per saperne di più:
IL TRIBUNALE DI ROMA DISSOLVE LE TEORIE DELLA FNOPI SULL’INFERMIERE FACTOTUM 17 luglio 2019