Rage Bait, parola dell'anno 2025: che cos'è l'incitamento alla rabbia e come prenderne consapevolezza

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Come da rito, anche per il 2025 la Oxford University Press ha scelto con cura la parola dell'anno, quella che secondo gli studiosi riesce a racchiudere meglio e a descrivere l'anno che giunge al termine. Per il 2024, gli esperti avevano incoronato vincitrice l'espressione "Brain Rot", che indicava il deterioramento cerebrale dovuto al consumo impressionante di contenuti, soprattutto digitali, di bassa qualità, inutili e poco stimolanti.

Pure per il 2025 abbiamo a che fare con la scelta di un termine che racconta la realtà che stiamo vivendo, una realtà dove il mondo online ha sempre più peso e influenza il nostro modo di pensare e di reagire alla vita. La parola dell'anno 2025 è Rage Bait, e il fatto che sia stata scelta non è per niente incoraggiante.

Cosa significa Rage Bait e perché è stata scelta come parola dell’anno

Rage Bait significa letteralmente "esca per la rabbia" e fa riferimento a tutti quei contenuti di tendenza che oggi circolano sul web, pensati appositamente per provocare rabbia, fastidio e indignazione.

Per capire di cosa stiamo parlando, ci basta andare un attimo sui nostri profili social, Instagram o TikTok, e scorrere i nostri feed. Non sarà difficile accorgerci che molti dei post che troviamo sembrano studiati apposta per scatenare una nostra reazione, spesso negativa. Un esempio? La creator che compra un iPhone 16 alle sue gatte o che percorre un'infinità di chilometri solo per mangiare una torta Sacher in Austria.

Insomma, questi contenuti sono palesemente senza senso, spesso assurdi e molte volte irrispettosi e offensivi per qualcuno. Io per prima mi sono chiesta: ma allora perché vengono pubblicati? E la risposta è più semplice, banale e scontata di quanto si possa pensare. Quei contenuti vengono dati in pasto alla rete e ai social solo per fare engagement.

La rabbia come indicatore di qualità

Oggi più che in passato, l'unico obiettivo della maggior parte dei creator è generare mi piace, collezionare commenti, stimolare condivisioni e repost, ricevere messaggi diretti: qualsiasi tipo di reazione è più che ben accetta, anche e soprattutto se negativa.

Le persone, infatti, sono più inclini a indignarsi per un contenuto rispetto che a entusiasmarsene, e dedicano più attenzione a ciò che le irrita. 

L'algoritmo (e chi lo sfrutta) questo lo vede perfettamente e quindi non fa altro che riproporre contenuti di questo tipo alle persone che a loro volta continuano a reagire a ciò che vedono, mandando un chiaro segnale all'algoritmo stesso: questi contenuti ci piacciono e vogliamo continuare a vederli.

Si dà quindi il via a un loop infinito, più le persone si indignino per un contenuto più quel contenuto si diffonde e continua a girare.

Tutto ciò ci racconta il cambiamento delle piattaforme digitali che viviamo ogni giorno. Si punta sempre di più sulle emozioni solo per generare coinvolgimento, e non si crea più per informare, intrattenere o portare a una riflessione.

Questo, oltre a portare a scontri e cattiveria tra le persone online, porta spesso anche a disinformazione e alla continua voglia di scorrere i social per ritrovarsi di fronte a un altro contenuto per il quale arrabbiarsi, in preda alla nomofobia.

Tutto, però, può cambiare perché dipende solo da noi.

Come combattere il Rage Bait: 5 cose che possiamo fare

In un contesto in cui la rabbia mediatica diventa una trappola attentamente costruita, possiamo imparare a difenderci e smettere di promuovere questo meccanismo malsano, per il bene nostro e di tutte le persone che vivono la rete.

  1. Scegliamo con cura chi seguire e a cosa dare peso sui social

Non tutti i profili meritano la nostra attenzione, e questo dovremmo sempre ricordarlo. È vero che i social spesso sono puro intrattenimento, ma quando questo si trasforma in qualcosa di negativo è necessario reagire. Meglio seguire chi condivide contenuti utili, informativi, equilibrati, e fare attenzione a tutti quegli account che pubblicano frequentemente contenuti provocatori.

In fondo, si tratta semplicemente di un atto di cura verso di noi e gli altri: ci risparmia rabbia, stress e senso di frustrazione immotivati.

  1. Fermiamoci un attimo prima di commentare o reagire a un contenuto

La reazione impulsiva è il terreno fertile del Rage Bait. Prima di cliccare “mi piace”, “condividi” o commentare, fermiamoci un attimo e chiediamoci: “Perché voglio reagire? Sento che questo contenuto mi stia provocando? Sto solo dando séguito impulsivo a rabbia e voglia di fare polemica?”.

Trovare le risposte può bastare a evitare di alimentare tutto questo. 

  1. Verifichiamo le fonti e limitiamo la diffusione di certi contenuti

Spesso il Rage Bait fa il paio con disinformazione, esagerazioni, titoli fuorvianti. Per questo è importante, in questi casi a maggior ragione, verificare sempre le fonti e l’identità della persona che ha pubblicato.

Quando riconosciamo poi che un contenuto è potenzialmente manipolatorio, evitiamo di commentare e condividerlo: in questo modo possiamo limitare la sua diffusione.

  1. Viviamo i social in modo più consapevole

Gli algoritmi tendono a mostrarci ciò che suscita reazioni forti. Ma noi non abbiamo l’obbligo di seguire questa regola e, con un po’ di consapevolezza, possiamo cambiare le carte in tavola. 

Le nostre reazioni e i nostri comportamenti possono fare la differenza e contribuire nel creare spazi digitali più sani. 

  1. Riconosciamo e valorizziamo le nostre emozioni 

Spesso ci dimentichiamo che la rabbia è un segnale: può indicarci un senso di ingiustizia, disagio o frustrazione che proviamo alla vista di qualcosa. Questo però non significa che ogni forma di rabbia online sia giustificata e meriti visibilità.

Impariamo quindi a riconoscere ciò che proviamo e a gestire le emozioni negative, chiediamoci se quella rabbia è utile per noi o per gli altri oppure se è solo una reazione automatica a un contenuto provocatorio.

Se è utile, cerchiamo modi costruttivi per esprimerla, aprendo un dialogo o condividendo una riflessione personale. 

Se non lo è, lasciamo perdere e non alimentiamo questo meccanismo. Non diamo le nostre emozioni in pasto alle manipolazioni, non lasciamo che le emozioni delle altre persone siano sfruttate da chi potrebbe trarne profitto. 

Se ci pensiamo un attimo, questo è un bell’atto concreto di responsabilità personale e sociale, l’unico contravveleno che abbiamo tra le mani.

 

Foto di Karola G

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