Sindrome di Parigi: cosa succede quando idealizziamo troppo un luogo  

Sindrome di Parigi

Ti è mai successo di sognare un luogo, visitarlo e realizzare che in fondo non era poi così straordinario come ti aspettavi?

Questa sorta di “delusione del viaggiatore” può anche manifestarsi in una forma più seria e travolgente, la quale ha un nome ben preciso: Sindrome di Parigi. 

Vediamo cos’è, come riconoscerla e come evitarla, soprattutto ora che le vacanze agostane e settembrine si avvicinano per molte persone. 

Cos'è la Sindrome di Parigi e chi l'ha sperimentata per la prima volta

La Sindrome di Parigi è una condizione psicosomatica riconosciuta, studiata e descritta per la prima volta nei primi anni Ottanta dal medico giapponese Hiroaki Ota.

Il dottor Ota, e altri esperti e psichiatri dopo di lui, hanno notato come in particolare diversi turisti giapponesi, dopo essere arrivati nella capitale francese, abbiano tutti sviluppato stati di ansia acuta, depressione e disorientamento. Una sorta di shock vero e proprio che gli studiosi hanno provato nel tempo a spiegare.

Le cause di questo fenomeno alle quali si è arrivati sono due:

  • da una parte, c'è da considerare l'enorme differenza culturale tra cultura nipponica e cultura francese
  • dall'altra, a fare la propria parte c'è l'idealizzazione eccessiva della città.

La Sindrome di Parigi, tuttavia, non riguarda solo i turisti giapponesi che arrivano a Parigi. Questo fenomeno, infatti, si è allargato nel tempo, e ha iniziato a colpire visitatori e città di tutto il mondo. Il motivo? Oggi più che mai, è facile costruire attorno a un luogo un mondo che in realtà non esiste, o quanto meno non esiste nella misura in cui ce lo aspettiamo.

Una questione culturale

Per i giapponesi che volavano per la prima volta a Parigi, questa città rappresentava il sogno romantico e raffinato che la pubblicità aveva fino ad allora venduto. Tuttavia, una volta a destinazione, questi turisti si sono accorti presto che Parigi non era solo questo, ma era anche una metropoli caotica, frenetica, talvolta scortese, completamente diversa e lontana da ciò a cui erano abituati.

In fondo, non potrebbe essere altrimenti: la cultura giapponese ha caratteristiche del tutto diverse da quella francese ed europea in generale. Per esempio, se i giapponesi comunicano con calma e razionalità, i francesi lo fanno in modo più diretto e vivace.  Se i giapponesi sono abituati a una certa idea di ordine e rigorosità, i francesi sono meno rigidi e silenziosi. E così via. 

Cosa prova chi ha a che fare con la Sindrome di Parigi

Rimanere vittime della Sindrome di Parigi, come abbiamo accennato, non è prerogativa solo dei giapponesi o di chi proviene da una cultura molto lontana. Chiunque può provarla, e in qualsiasi città fortemente idealizzata, che sia Parigi, New York o Tokyo.

Chi la sperimenta non sente solo una generica delusione. I sintomi, infatti, possono essere intensi e molto concreti. C’è chi accusa nausea, vertigini, palpitazioni. Altri raccontano di sentirsi alienati, spaesati, incapaci di relazionarsi con il contesto. C’è chi prova ansia, tristezza improvvisa, irritabilità. In alcuni casi, anche episodi di derealizzazione, come se tutto fosse ovattato e irreale.

Quello che succede, in sostanza, è questo: la mente si ritrova a fare i conti con una realtà che non combacia con la mappa mentale costruita prima della partenza. E il risultato è una sorta di cortocircuito emotivo difficile da gestire, dato dal vivere un luogo che si era immaginato del tutto diverso. Appunto, più idilliaco. 

Viaggi e idealizzazione: il ruolo dei social media

Quando immaginiamo Parigi pensiamo spesso a quelle scene da film e a quelle immagini da cartolina dove protagonisti sono i romantici Champs-Élysées, il Louvre, Notre Dame, la Senna, Montmartre e ancora la Torre Eiffel.

Quel che non sappiamo, però, è che tutti questi luoghi straordinari (e straordinari per davvero) devono anche fare i conti con il turismo di massa, ma anche con – ahinoi – tutte le cose negative che possono caratterizzare ogni grande città: l'inquinamento, le zone meno curate, il chiasso e il caos, gli spintoni della gente di fretta, eccetera.

Basta ritrovarsi a che fare anche con uno solo di questi elementi che la Città dell'Amore perde nella nostra testa quel fascino e quella magia che avevamo immaginato, pensando che qui si vivesse come in una favola Disney.

La colpa di tutto questo di certo non è l’atmosfera di Parigi in sé, o di qualsiasi altra città. La colpa è dei falsi miti che ci ostiniamo a creare attorno a un luogo, a causa soprattutto dei social media.

Se una volta erano solo i film e le serie TV a farci sognare di visitare un luogo per vivere le stesse avventure o emozioni dei protagonisti, oggi i social media offuscano non poco la realtà.

Instagram, TikTok e Pinterest offrono visioni patinate e sempre perfette dei luoghi più celebri. Ogni angolo di Parigi, ad esempio, sembra tratto da una rivista. Ma nella realtà ci sono anche traffico, prezzi esagerati, code chilometriche e servizi che funzionano male.

Il fatto è che sui social vediamo foto di altre persone che sembrano vivere esperienze uniche e pensiamo che anche per noi sarà lo stesso.

E poi, quando scopriamo che i tramonti rosa non sono roba di tutti i giorni, o che Montmartre è pieno di turisti e venditori insistenti, o che la Torre Eiffel è di gran lunga più spettacolare di notte, ci sentiamo traditi.

Se da un lato i social sono una fonte incredibile di ispirazione che può aiutarci a scoprire nuovi posti e nuove destinazioni, dall'altro sono anche una piaga che tende a trasformare il viaggio non più in una scoperta, ma in una competizione tra l'esperienza raccontata online dalle persone e quella che vivremo noi. 

E quando ci rendiamo conto che l'instagrammabile non è il reale, il rischio è quello di tornare a casa più frustrati che felici.

Come prevenire la Sindrome di Parigi: 3 consigli utili per i tuoi prossimi viaggi

A questo punto, è chiaro come idealizzare un luogo e poi decidere di andare a visitarlo è un male categorico, il modo perfetto di iniziare nel modo sbagliato la conoscenza di un posto nuovo e di provare una grande delusione in tempi record.

Per apprezzare al meglio un posto e scansare la Sindrome di Parigi possiamo però fare qualcosa. 

  1. Smettiamola di guardare solo le foto più belle

Prima della partenza verso qualunque destinazione dovremmo approfondire di più e cercare informazioni attendibili e dettagliate del luogo in cui ci stiamo dirigendo. Facciamo una ricerca su forum e blog indipendenti, leggiamo le recensioni peggiori, cerchiamo consigli da local e non soffermiamoci solo sulle meravigliose foto che l’influencer X o il tipo Y hanno pubblicato su Instagram. 

In questo modo possiamo avere un quadro più completo e onesto, e possiamo limitare la nostra idealizzazione di quel dato posto. 

  1. Scegliamo almeno un quartiere poco turistico da esplorare

Qualunque sia la città che scegliamo di visitare, non concentriamoci solo sul quartiere più instagrammabile o sulle attrazioni più popolari, con il solo scopo di scattare foto per i social. Oltre a tutto questo, diamo spazio ai quartieri più autentici, alle zone che la gente del posto vive davvero nella propria quotidianità. 

Sono questi i posti di cui non abbiamo alcuna aspettativa, ma che possono riservarci le sorprese migliori. 

  1. Viaggiamo per vedere e non per dimostrare

Durante il viaggio, lasciamo a casa il pensiero dei nostri profili social. Non creiamo il nostro itinerario includendo solo le tappe must per farci un carosello acchiappa like, non visitiamo posti popolari anche se non ci interessano solo perché lo ha fatto qualcun altro, e non programmiamo tutto nei minimi dettagli.

In fondo, non abbiamo mica preso un aereo per postare foto, stare attaccati al telefono o far vedere ai follower cosa stiamo facendo minuto per minuto!

Concediamoci del tempo senza piani precisi, solo per noi e il posto che abbiamo scelto di esplorare, senza aspettative, continui paragoni o ricerca di perfezione. In questo modo, forse, quel posto ci ripagherà!

 

Foto di Martijn Adegeest

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