E' la notizia dell'Estate 2011 l'infermiere è un essere umano e si può ammalare, un evento senza precedenti, distrutta definitivamente l'aura protettiva che si credeva circondasse gli infermieri e tutti gli operatori sanitari e li rendesse immuni a qualsiasi cosa.
E adesso il panico e controlli a tappeto per gli operatori ma i visitatori e i parenti?
Il bubbone dell'Estate 2011 nasce per un infermiera affetta da TBC che lavorava in neonatologia, una volta scoperta la malattia sono iniziati i controlli e sono arrivati ad oggi con 34 neonati contagiati, LINK.
Dopo i casi positivi tutti a fare analisi ad accusare e a promettere denunce a destra e speriamo che questo aiuti il buon senso.
E forse si dato che il 27 agosto una donna è stata ricoverata a Riccione ed è risultata positiva alla TBC e quindi i controlli per tutti gli operatori sanitari LINK, (si lo vedo il titolo riporta 50 medici, ma sono le licenze dei giornalisti, figuriamoci se 50 medici hanno visto la stessa persona, infatti dopo specificano).
Ma la domanda sorge spontanea, ma con quella paziente non ci sono stati altri ammalati a pochi metri, altri parenti o peggio visitatori, di cui non si sa nulla?
Ma torniamo al caso di Roma, se avessi un figlio appena nato positivo per contatto con TBC sarei incazzato eccome.
Ma se ho un parente in casa affetto da TBC e sono vaccinato, penso di essere al sicuro, nessuno mi ha detto che il vaccino è inefficace nel 50% dei casi, come riportano i giornali, qualcuno forse si è organizzato o ha informata l'infermiera che in caso di tosse potesse fare un RX torace urgente?
La neonatologia presumo sia in un ambiente con aria climatizzata ed averci un po di tosse è quasi normale, averci un qualche linea di febbre ogni tanto perchè no, ma la tbc è subdola e resiste nell'ambiente.
Sicuramente hanno sterilizzato la neonatologia e controllato tutti i colleghi che come i neonati resteranno in attesa di sapere se la malattia comparirà o meno.
Il caso della collega infermiera è primo venuto alla luce ed evidenzia delle grosse criticità strutturali del sistema salute.
Gli operatori sanitari dediti all'autocura sono una fonte di infezione non quantificabile.
Basta un operatore sanitario ammalato per contagiare centinaia di ricoverati non è una possibilità è una certezza e la collega di Roma purtroppo l'ha dimostrato.
Paradossalmente gli operatori sanitari che producono salute non hanno accesso al prodotto salute allo stesso modo di tutti i cittadini.
Se sei in turno e hai la febbre concludi il turno, se devi fare la notte e al pomeriggio hai la febbre paracetamolo e vai.
Non esiste un presidio medico riservato all'interno degli ospedali, c'è il medico competente che fa la visita medica obbligatoria, ma se un infermiere ha un otite, una congiuntivite una micosi, prima si autocura poi in casi estremi va in PS.
In ospedale l'accesso è libero e i contatti non sono quantificabili.
Un infermiere un ricoverato o un visitatore che possa essere fonte di contagio genera una serie di contatti che non sono quantificabili.
I contatti che un ricoverato ha sono quantificabili verso gli operatori sanitari pensando al percorso di diagnosi e cura che ha avuto all'interno dell'ospedale, ma poi è in camera con altre persone e viene a contatto con i suoi visitatori e quelli dei vicini che gentilmente lo aiutano, ma poi si scopre che la tosse è una tbc e che fai...
Una volta sono entrato come visitatore in una grande azienda, ho lasciato i documenti all'ingresso, in ospedale entri sali ai piani e vai non devi dire nulla e di te nessuno sa nulla, infatti nel caso a Riccione i controlli sono stati fatti sugli operatori non sui visitatori e altri ricoverati.
Il caso della collega è arrivato al grande pubblico e questo ha messo in moto tutta una struttura di prevenzione che c'era ma forse non aveva l'autorità per presentarsi e fare richieste.
Non è il primo caso, non sarà l'ultimo e nel terzo millenni purtroppo vale ancora il detto:
vai in ospedale a curare una malattia e torni a casa con un altra.