Qualora ce ne fosse ancora bisogno, la Corte di Cassazione, in una sentenza divenuta subito “modello di riferimento”, ha ribadito la responsabilità in capo ai professionisti ed alle strutture sanitarie rispetto alle infezioni correlate alle procedure assistenziali (ICPA).
In realtà molte riviste sanitarie ne hanno già parlato, tanto che anche il Forum Risk Management 2023 ha deciso di inserire tale pronunciamento giuridico all’interno dell’officina delle idee, così da creare tavoli di lavoro che approfondiscano il delicato e letale problema delle ICPA.
Di seguito descriveremo brevemente i fatti avvenuti, così da elencare successivamente gli oneri probatori gravanti sulla struttura sanitaria e quelli soggettivi esigibili da alcune figure dirigenziali apicali.
Come sempre, al termine della ricostruzione dei fatti, lanceremo i nostri soliti “spunti di riflessione”.
Descrizione dell'accaduto
Una donna, ricoverata in ospedale per un intervento oculistico programmato, cadeva da una sedia all’interno della propria stanza d’ospedale e riportava un trauma contusivo; nonostante il dolore, la presenza di rialzi febbrili ed indici infiammatori, la stessa veniva ugualmente sottoposta all’intervento chirurgico all’occhio destro per il quale era stata ricoverata e dimessa il giorno seguente in stato non febbrile.
A fronte del ripresentarsi persistente della febbre e dei dolori, la malata veniva nuovamente ricoverata nella medesima struttura sanitaria, a distanza di pochi giorni dal primo ricovero e, accertata la presenza di una infezione da staphilococcus aureus, trattata con terapia antibiotica, decedeva in ospedale.
Aldilà delle varie motivazioni pronunciate dai tre gradi di giudizio, in merito al nesso causale o presunto tale, tra l’operato dei sanitari e la morte della donna, il focus del nostro argomentare ha come obiettivo il riparto dell’onere probatorio.
Ma spieghiamoci meglio.
In tema di infezioni contratte in ambiente ospedaliero o assistenziale, la Corte di Cassazione sez. III, in data 23 febbraio 2021, attraverso la sentenza numero 4864 ha affermato che: In applicazione dei principi sul riparto dell’onere probatorio in materia di responsabilità sanitaria, secondo cui spetta al paziente provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione, con riferimento specifico alle infezioni nosocomiali; spetterà alla struttura provare:
- Di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie infettive;
- Di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico.
A livello pratico cosa significa quanto affermato finora?
L’utente deve dimostrare il nesso causale tra il peggioramento del suo stato clinico e la condotta (sotto forma di azioni o omissioni) da parte dei professionisti sanitari.
All’azienda compete invece l’onere della prova ovvero, dimostrare attraverso la produzione documentale, di aver eseguito in maniera corretta tutte le attività messe in campo nei confronti del malato, ivi compreso il rispetto di linee guida aggiornate e confacenti al caso concreto.
In ragione della sentenza poc’anzi citata, il Giudice della Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile (sentenza numero 6386/2023) ha elencato proprio gli obblighi in capo alle aziende sanitarie ed ai dirigenti, al fine di dimostrare di aver adempiuto in maniera corretta alle proprie obbligazioni in tema di prevenzione delle infezioni correlate alle procedure assistenziali.
Vediamole insieme:
- L’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
- L’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
- L’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
- Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
- Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
- La qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;
- L’attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
- L’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;
- Le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;
- L’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
- La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
- La redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
- L’indicazione dell’orario della effettiva esecuzione dell’attività di prevenzione del rischio.
Per ciò che attiene i cosiddetti oneri soggettivi, il dirigente apicale, avrà l’obbligo di indicare le regole cautelari da adottarsi ed il potere-dovere di sorveglianza e di verifica (riunioni periodiche/visite periodiche), al pari del CIO; il direttore sanitario quello di attuarle, di organizzare gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, di vigilare sulle indicazioni fornite (art. 5 del DPR 128/1069: obbligo di predisposizione di protocolli di sterilizzazione e sanificazione ambientale, gestione delle cartelle cliniche, vigilanza sui consensi informati).
Il dirigente di struttura complessa, esecutore finale dei protocolli e delle linee guida, dovrà collaborare con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista, ed è responsabile per omessa assunzione di informazioni precise sulle iniziative di altri medici o per omessa denuncia delle eventuali carenze ai responsabili.
Senza dubbio le osservazioni condivise finora hanno ribadito l’importanza della prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, solo che aggiungono alcuni, ma fondamentali elementi esigibili dalle strutture sanitarie e, al contempo, dagli esercenti una professione sanitaria.
Inoltre, contribuiscono a standardizzare la componente progettuale, di monitoraggio e controllo dal punto di vista legale.
E soprattutto proprio in virtù della sentenza 6386/2023, d’ora in poi i Giudici avranno a loro disposizione un elenco determinante al fine di verificare l’eventuale responsabilità in capo alla struttura sanitaria ed ai suoi dipendenti.
Dal punto di vista assistenziale, è chiaro che poteva non essere necessario ripercorrere l’elenco degli obblighi da rispettare, tuttavia servono a ribadire l’importanza del lavoro multidisciplinare, del confronto continuo e costante con le altre figure sanitarie ma, soprattutto, rinnovano in noi la necessità di continuare ad operare in maniera proattiva, quindi prevenendo le infezioni, piuttosto che curarle.