Nel 2011, Valeria Lembo, una giovane mamma affetta da linfoma, morì a causa di un errore medico. Uno studente in medicina, durante la stesura della terapia, scrisse "90" al posto di "9" milligrammi di Vinblastina, un farmaco chemioterapico.
Questo errore, non rilevato dallo specializzando, dal medico di reparto e dagli infermieri, portò alla somministrazione di una dose letale.
Una catena di errori
La tragedia di Valeria Lembo è un esempio di come una catena di errori, anche apparentemente banali, possa avere conseguenze devastanti.
L'abitudine, la superficialità e la mancanza di comunicazione efficace possono creare falle nel sistema di controllo, trasformando un "quasi errore" in un evento fatale.
Un appello alla responsabilità
Il paziente si è accorto dell'errore e non è stato ascoltato, perchè?
Il perchè non lo potremo mai sapere, però quello che poteva essere un quasi errore è diventato un errore letale.
Facciamo un lavoro delicato, le persone si affidano ai nostri servizi per un bisogno di salute è facile dire stiamo attenti non succederà più ma come fare.
La formazione è la scelta giusta, quella che si chiama formazione continua che mantiene alto il livello di attenzione sul proprio operato, ma più empiricamente come fare?
Davanti a un dubbio è necessario chiedere una verifica, ci si ferma e si solleva che sia l'obiezione e se da un lato non si vogliono creare imbarazzi e viene spontaneo parlare sottovoce con il collega per non fare la figura degli scortesi forse sarebbe stato utile essere scortesi, chiedere il parere anche di un altro medico e a voce alta.
Voce alta che sarebbe stata ascoltata se nel bugiardino della Vinblastina fosse scritto letale ad alte dosi, nelle versioni online non l'ho trovato scritto e forse se.
Però con i se e con i ma, Valeria Lembo non tornerà, lascia un marito e un figlio di 7 mesi, aveva un linfoma e oggi poteva essere a casa sua.