Ottobre è stato il mese della prevenzione al tumore al seno. Prevenire è ancora la migliore arma per difendersi da questa malattia, che colpisce le donne affette non solo fisicamente, ma anche mentalmente ed emotivamente.
Anche una volta superata la malattia con la mastectomia, i segni di quanto passato rimangono ancora visibili sulla pelle, sulla sfera emotiva e sulla percezione che ogni donna ha di sé e della propria femminilità.
La malattia va infatti a intaccare una parte fondamentale del corpo di una donna, simbolica e identitaria, senza la quale vivere per molte rappresenta un vero e proprio trauma.
A questo proposito, uno studio pubblicato su Wiley Online Librery ha puntato l'attenzione sull'esperienza della mastectomia di un gruppo di donne in Nuova Zelanda.
La ricerca ha fatto luce sul momento esatto in cui la donna, appena prima delle dimissioni, si confronta per la prima volta con il suo nuovo corpo, e su come un'assistenza empatica possa fare la differenza dal punto di vista psicologico.
Mastectomia, uno studio racconta l'esperienza di 10 donne
I ricercatori hanno preso ad esempio l'esperienza della mastectomia di 10 donne, dai 40 agli 85 anni, per comprendere meglio l'impatto che quest’ultima ha sulle pazienti e migliorare l'assistenza post-operazione in reparto.
Ciò che ne è venuto fuori è che questo è un momento che lascia un segno indelebile non solo fisicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente, e che il sostegno post-operazione da parte del personale sanitario è sicuramente fondamentale per affrontare la “prova con lo specchio”.
La perdita del seno
Perdere il seno per molte donne è sinonimo di perdita di femminilità. Per questo motivo, gran parte delle pazienti che si sottopone a mastectomia vive momenti davvero difficili, e vede l’intervento come una sorta di deturpazione che può mettere a repentaglio il proprio essere donna, madre e femmina.
A questo, si aggiunge l’inevitabile cambiamento del proprio corpo, che non di rado mette in crisi l’autopercezione di ognuna. Non è facile guardarsi allo specchio e vedersi cambiate, sebbene non sempre il cambiamento susciti emozioni negative.
Se per alcune donne dello studio, infatti, è stato necessario uno svelamento graduale di quanto successo al proprio corpo, per altre il vedersi subito allo specchio è stato un sollievo, una prova di aver debellato la malattia e di poter continuare a vivere.
Il bisogno di empatia
Proprio nella “prova con lo specchio” le donne dello studio hanno riconosciuto l’enorme importanza dell’empatia da parte degli infermieri, hanno visto come fondamentale l’aspetto emotivo dell’assistenza post-operazione.
La presenza delle infermiere, le parole gentili e le rassicurazioni sono imprescindibili per superare il malessere iniziale, vissuto come una fase naturale ma difficile del percorso di recupero.
Al contrario, ricevere cure da infermieri e infermiere che si limitano solo a svolgere i compiti di monitoraggio e somministrazione dei farmaci, mira sicuramente all’emotività fragile di questo delicato momento, a cui spesso non si dà il giusto peso.
Il rispetto per la nuova condizione
Idealmente, il reparto ospedaliero dovrebbe essere un luogo sereno, ma spesso per le partecipanti dello studio si è rivelato affollato e rumoroso. Le donne hanno parlato di aspetti che minavano la sicurezza e la privacy, come abusi verso il personale e la difficoltà nel proteggere conversazioni intime riguardanti le proprie cure.
La sistemazione delle stanze era poi soggetta alla disponibilità e alle necessità di bilanciare pazienti di entrambi i sessi, con il risultato che alcune donne mastectomizzate si sono ritrovate a condividere la stanza con uomini.
Dover esporre il proprio corpo durante le cure o sostenere conversazioni sulla propria esperienza chirurgica risultava imbarazzante, e l'abbigliamento ospedaliero, spesso poco coprente, aumentava per loro questi sentimenti di vulnerabilità.
In effetti, come si può imparare ad accettare la propria nuova condizione in un ambiente del genere?
Al contrario, condividere la stanza con altre donne che avevano subito una mastectomia è stato invece considerato terapeutico. Molte partecipanti hanno trovato conforto nel poter scambiare esperienze simili e stemperare il senso di isolamento.
Tiriamo le fila
Questo studio ribadisce la necessità di una cura centrata sulla persona, capace di riconoscere quando una paziente desidera un momento di solitudine o, al contrario, ha bisogno di rassicurazioni.
L'assistenza ospedaliera post-operatoria per la chirurgia del cancro al seno richiede non solo competenza professionale, ma anche capacità comunicative per supportare le esigenze psicologiche delle donne.
A tutti gli infermieri e le infermiere che si ritroveranno ad avere a che fare con questo tipo di circostanze, quindi, questa ricerca potrebbe essere utile per cambiare il proprio approccio alle pazienti, che ora più che mai hanno bisogno sì di cure, ma anche di attenzioni, di essere ascoltate e trattate come persone normali.
Cosa si può fare, quindi, nel concreto per queste donne?
Dedicare loro del tempo, per prima cosa. Sarebbe molto utile prepararle alla vista della cicatrice, aiutarle a gestire l’impatto che questo momento può avere, assisterle e sostenerle per la dura prova dello specchio, e magari procedere gradualmente prima di metterle a tu per tu con la visione completa della cicatrice.
Un’altra cosa importante è avere rispetto della loro privacy e della loro nuova condizione. Sarebbe sempre il caso di evitare le stanze miste e creare invece uno spazio di condivisione tra pazienti con storie simili, per ridurre quel senso di imbarazzo e vulnerabilità.
Infine, anche ricreare un ambiente favorevole al recupero, tranquillo e luminoso, può aiutare a vivere più serenamente l’esperienza di degenza, migliorando il benessere generale e riducendo quel senso di ansia, quel bisogno di tornare a casa per sentirsi più al sicuro.