La celiachia è riconosciuta come una delle patologie autoimmuni più complesse della gastroenterologia moderna, caratterizzata da un ampio spettro di manifestazioni cliniche che va ben oltre il quadro sintomatologico tradizionale.
Questa malattia, definita come un disturbo sistemico immune-mediato in individui geneticamente predisposti (HLA-DQ2/8) e indotto da frazioni alcolsolubili dei cereali, è caratterizzata da sintomi glutine-dipendenti, anticorpi celiachia-specifici e un'enteropatia di grado Marsh 2-3.
Le recenti ricerche si stanno concentrando su fattori ambientali e genetici, sul ruolo del microbiota intestinale e su nuove terapie, poiché la comprensione di questa patologia è in continua evoluzione. In Italia, si stima che i casi non diagnosticati siano circa 600.000 a fronte dei 224.000 diagnosticati, evidenziando un "fenomeno dell'iceberg" dovuto spesso all'assenza o alla poca specificità dei sintomi.
La complessità diagnostica della celiachia emerge chiaramente nella pratica clinica: molti pazientipossono convivere per anni con sintomi aspecifici attribuiti erroneamente ad altre condizioni.
La mia esperienza personale ne è un esempio emblematico: all'età di quasi 40 anni ho scoperto di essere celiaco potenziale con classificazione Marsh 1, dopo anni di malessere che avevo sempre ricondotto allo stress lavorativo o alla sindrome dell'intestino irritabile. Questo percorso diagnostico travagliato testimonia quanto sia fondamentale una maggiore consapevolezza sui diversi fenotipi della celiachia.
Esistono principalmente tre forme di celiachia riconosciute:
- la celiachia classica,
- la celiachia silente (o asintomatica),
- la celiachia potenziale.
Celiachia classica
La celiachia classica, o forma tipica, si manifesta con sintomi gastrointestinali evidenti che ne facilitano il riconoscimento clinico.
Semeiotica:
Le manifestazioni principali includono diarrea e calo di peso, sebbene non siano le uniche possibili. Altri segni clinici includono steatorrea e edema secondario a ipoalbuminemia. Nei bambini, la celiachia classica può presentarsi con ritardo della crescita, atrofia muscolare, scarso appetito e distensione addominale, spesso accompagnati da distress emotivo e letargia.
Diagnostica:
La diagnosi si basa sulla dimostrazione di infiltrazione linfocitaria, iperplasia delle cripte e atrofia dei villi nelle biopsie duodenali. La sierologia, che include anticorpi anti-transglutaminasi (tTG), anti-endomisio (EMA) e anti-peptidi deamidati della gliadina (DGP), può contribuire alla diagnosi, sebbene questi anticorpi non siano di per sé confermatori. L'identificazione di aplotipi HLA specifici (DQ2/8) e l'evidenza di ma- lassorbimento e marcatori biochimici sono anch'essi utili. Per confermare la diagnosi, è necessario eseguire da 4 a 6 biopsie del duodeno, inclusa la zona del bulbo, mentre il paziente segue una dieta contenente glutine.
Celiachia silente (o asintomatica)
Questa forma è caratterizzata dall'assenza di sintomi evidenti, nonostante la malattia sia presente e la mucosa intestinale risulti compromessa come nelle forme classiche e atipiche. Una task force multidisciplinare nel 2013 ha stabilito che il termine corretto è "celiachia asintomatica" anziché "celiachia silente".
Semeiotica:
I soggetti affetti non manifestano sintomi che possano essere attribuiti direttamente alla celiachia, anche dopo un'attenta anamnesi. La malattia può rimanere non diagnosticata per molti anni. Tuttavia, la celiachia silente predispone a tutti i rischi della forma classica, con un possibile peggioramento del quadro clinico nel tempo, soprattutto in periodi di sovraesposizione al glutine, e può portare a complicanze gravi come la perdita di densità minerale ossea, l'osteopenia o l'osteoporosi. A volte, sintomi lievi come la fatica possono essere riconosciuti solo dopo l'adozione di una dieta senza glutine.
Diagnostica:
La diagnosi avviene spesso tramite lo screening di gruppi a rischio, come i parenti di pazienti celiaci, dove circa il 15% degli asintomatici presenta atrofia dei villi intestinali. Studi hanno stimato una prevalenza dell'1.1% di celiachia non diagnosticata negli adulti tra i 18 e i 50 anni. Nonostante l'assenza di sintomi tipici, la celiachia asintomatica è stata associata a un aumento del rischio di ipotiroidismo e a una storia di di- sturbi autoimmuni. Sono stati inoltre riscontrati livelli inferiori di colesterolo e ferritina rispetto ai controlli. Solo l'11% dei soggetti con celiachia non diagnosticata ha ricevuto una diagnosi clinica nell'arco di un follow-up mediano di 6.3 anni.
Celiachia potenziale
La celiachia potenziale (PCD) è una condizione in cui i pazienti presentano anticorpi asso- ciati alla celiachia, ma una mucosa intestinale normale o quasi normale (Marsh 0-1).
Semeiotica:
Sebbene la mucosa possa apparire integra, ci sono già segni precoci di danno tissutale, come l'aumento della profondità e della proliferazione delle cripte. I pazienti con celiachia potenziale sono considerati a rischio aumentato di sviluppare la celiachia attiva.
Diagnostica:
La diagnosi si basa sulla presenza di sierologia positiva per la celiachia in individui con mucosa intestinale che appare istologicamente normale. La ricerca ha identificato marker immunologici che possono predire lo sviluppo di atrofia dei villi in questi pazienti. Questi includono un aumento dell'infiltrato di linfociti intraepiteliali (IELs) CD3+ e TCRγδ+, e un aumento degli IELs con proprietà citolitiche (PFN+). Il termine "celiachia potenziale" è preferito rispetto a "celiachia latente", il cui uso è scoraggiato a causa di ambiguità e confusione nella letteratura scientifica.
In sintesi, la celiachia si presenta con una varietà di manifestazioni che richiedono un approccio diagnostico e terapeutico personalizzato. La comprensione sempre più approfondita dei suoi meccanismi fisiopatologici e l'identificazione di nuovi target terapeutici offro- no speranze concrete per migliorare la qualità di vita di tutti i pazienti celiaci, sia sintoma- tici che asintomatici.
Bibliografia
- Bottaro, G., Cataldo, F., Rotolo, N., Spina, M., & Fasano, A. (1999). The clinical pattern of subclinical/silent celiac disease: an analysis on 1026 consecutive cases. The American Journal of Gastroenterology, 94(3), 691-696.
- Caio, G., Volta, U., Sapone, A., Leffler, D. A., De Giorgio, R., Catassi, C., & Fasano, A. (2019). Celiac disease: a comprehensive current review. BMC Medicine, 17(1), 142-162. https://doi.org/10.1186/s12916-019-1383-3
- Catassi, C., Bearzi, I., & Fasano, A. (1999). Coeliac disease detected by screening is not silent---simply unrecognized. The Lancet, 353(9156), 844-845.
- Choung, R. S., Larson, S. A., Khaleghi, S., Rubio-Tapia, A., Ovsyannikova, I. G., King, K. S., Larson, J. J., Lahr, B. D., Poland, G. A., Camilleri, M. J., & Murray, J. A. (2017). Preva- lence and Morbidity of Undiagnosed Celiac Disease From a Community-based Study.
- Gastroenterology, 152(4), 830--839.e5. https://doi.org/10.1053/j.gastro.2016.11.043
- De Palma, G., Fasano, A., & The CDGEMM Investigators. (2017). Celiac disease geno- mic, environmental, microbiome and metabolome (CDGEMM) study: Design and base- line characteristics. BMC Gastroenterology, 17(1), 74. https://doi.org/10.1186/s12876-017- 0637-2
- Ludvigsson, J. F., Leffler, D. A., Bai, J., Biagi, F., Fasano, A., Green, P. H. R., Hadjivassi- liou, M., Kaukinen, K., Kelly, C., Leonard, J. N., Lundin, K. E., Murray, J. A., Sanders, D. S., Walker, M. M., Zingone, F., & Ciacci, C. (2013). The Oslo definitions for coeliac disea- se and related terms. Gut, 62(1), 43--52. https://doi.org/10.1136/gutjnl-2011-301346
- Murray, J. A., & Lebwohl, B. (2023). New Developments in Celiac Disease Treatment.
- Gastroenterology, 164(4), 519-528. https://doi.org/10.1053/j.gastro.2023.01.037
- Rubio-Tapia, A., Hill, I. D., Semrad, C., Kelly, C. P., Bhuket, T. P., Das, S., Duerksen, D. R., Lebwohl, B., Leffler, D. A., Löffler-Stastka, H., Murray, J. A., Rustagi, S., Shann, R., Syal, G., Tye-Din, J., Valery, P. C., Walker, M. M., & Green, P. H. R. (2023). American Col- lege of Gastroenterology Guidelines Update: Diagnosis and Management of Celiac Di- sease. The American Journal of Gastroenterology, 118(1), 59--76. https://doi.org/10.14309/ajg.0000000000002135
- Tjellström, B., & Stenhammar, L. (2016). Gut Microbiota and Celiac Disease. Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition, 62(1), 162-167. https://doi.org/10.1097/MPG.0000000000000969
- Viljamaa, M., Kaukinen, K., Hamdi, L., Mäki, M., & Collin, P. (2014). Bone mineral den- sity at diagnosis of celiac disease and after 1 year of gluten-free diet. Journal of Clinical Densitometry, 17(4), 541-547. https://doi.org/10.1016/j.jocd.2014.06.002
- Zimmer, K.-P. (2011). Nutrition and Celiac Disease. Current Problems in Pediatric and Ado- lescent Health Care, 41(9), 244-247. https://doi.org/10.1016/j.cppeds.2011.04.004
