La filosofia Kintsugi, l'arte di fortificare ciò che si è rotto

Ti è mai capitato di fare decluttering e decidere di buttar via oggetti non solo inutilizzati, ma anche rotti?

Questo semplice e innocuo gesto in realtà è molto più di questo. É la dimostrazione di come in Occidente siamo abituati a buttar via quello che si rompe per sostituirlo con qualcosa nuova di zecca. In alcuni casi proviamo sì a riparare l’oggetto rotto, ma solo se è possibile nascondere completamente la linea di rottura, solo se il risultato finale è praticamente invisibile.

In Giappone, invece, quando un oggetto si rompe non viene mai buttato. Non viene neanche incollato in modo invisibile, come facciamo spesso noi. Anzi. Spesso le crepe vengono riempite addirittura con polvere d'oro, preziosa e luccicante. Questo è quello che fa la tecnica del Kintsugi, una tecnica di restauro che significa letteralmente "riparare con l’oro".

Il concetto di base è questo: qualsiasi oggetto rotto va valorizzato proprio nei punti in cui si è mostrato più fragile. E come gli oggetti, anche noi esseri umani possiamo mostrare con orgoglio le nostre rotture.

La metafora del Kintsugi

Si racconta che molti secoli fa lo Shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe per sbaglio la sua tazza preferita durante la cerimonia del tè. Invece di buttarla e sostituirla, decise di affidarla ai suoi artigiani per ripararla e restituirle la sua originaria bellezza. A lavoro ultimato, però, il risultato non fu quello sperato: nonostante gli artigiani cercarono di nascondere le crepe al meglio, le riparazioni non rendevano giustizia alla bellezza di quell'oggetto tanto caro allo Shogun.

Fu così che gli artigiani decisero di provare una nuova tecnica di restauro, che puntasse a dare risalto alle linee di rottura anziché minimizzarle. Questa tecnica era proprio il Kintsugi, e aveva lo scopo di trasformare le crepe in una nuova forma d'arte grazie all'uso di resina e polvere d'oro.

Ancora oggi, l'arte del Kintsugi è un elemento fondamentale nella cultura giapponese, secondo la quale la fragilità non è un difetto ma una traccia di vita, un segno che qualcosa ha resistito nonostante tutto.

E così, quella che potrebbe sembrare una semplice pratica di restauro, è invece una filosofia esistenziale che parla di accettazione, rinascita e bellezza dell’imperfezione.

Siamo come vasi rotti, ma trasformati in arte 

Ogni persona può essere considerata come un meraviglioso vaso di ceramica che, prima o poi, subirà almeno un colpo. 

Nella nostra società, quando qualcosa ci ferisce facciamo di tutto per superarla e per camuffare il nostro stato d’animo. “Sorridere sempre, anche quando crolliamo dentro” è il motto. 

Secondo il Kintsugi, invece, il da farsi è tutto l’opposto. Non ha senso ostinarsi a mostrare solo ciò che funziona, ciò che va bene, o fingere che vada sempre tutto ok. Esporre le proprie ferite e fragilità è segno evidente di crescita e cambiamento, e per questo non bisogna provarne nessuna vergogna.

L’errore del mondo occidentale è pensare che le ferite rendano deboli e che le cicatrici siano qualcosa da nascondere a ogni costo. Ma proviamo invece a pensare la cosa da un’altra prospettiva: una cicatrice è segno che abbiamo affrontato un problema e l’abbiamo superato, che quel problema ci ha fatto stare male ma non si è impossessato di noi. Anzi, ci ha dato più forza.

In fondo, se dopo una qualsiasi esperienza tornassimo esattamente come prima significherebbe che in noi non è cambiato niente, che non abbiamo imparato niente, che non abbiamo fatto quel passo in avanti, che non abbiamo mostrato apertura al cambiamento.

La ferita che ci lascia un fallimento, un lutto, la fine di un amore o di un’amicizia, non va rinnegata, ma considerata come parte della nostra esperienza di vita e come tale va valorizzata. Riconoscere il suo valore ci rende infatti più veri, autentici e liberi. O semplicemente, più umani. 

Vediamola così: siamo tutti vasi rotti, e per questo siamo meravigliosamente unici!

Come applicare i principi del Kintsugi nella quotidianità

Dopo tanta filosofia ti starai chiedendo come applicare questo concetto nella quotidianità.

Dirlo è sicuramente più facile che farlo, e per questo esistono psicologi e psicoterapeuti esperti che possono aiutare in questo lungo percorso di accettazione e valorizzazione del proprio vissuto. Possiamo però provare a mettere in pratica i principi più semplici.

  1. Smettiamo di nascondere ciò che ci ha fatto male

Iniziamo da qui: non vergogniamoci più di ciò che ci ha fatto soffrire. Fa parte di noi e della nostra storia, per cui non ha senso fingere che certi fatti non siano mai accaduti. 

  1. Ricostruiamoci da capo, ma in modo migliore

La cosa positiva di un’esperienza negativa è fare tesoro della lezione che ci ha dato. Dobbiamo provare a non tornare le persone che eravamo prima, ma a migliorarci per come possiamo. Lasciamo andare ciò che non possiamo cambiare, facciamo pace con il passato e troviamo la nostra polvere d’oro per ricostruirci. 

  1. Celebriamo le fragilità, anche quelle degli altri

Ogni persona ha la sua storia e ha sicuramente attraversato un momento che l’ha cambiata per sempre. Proprio come non dovremmo giudicare noi stessi con troppa severità, dovremmo sempre riservare gentilezza anche a chi ci sta intorno. 

  1. Aspettiamo con pazienza di “ripararci” 

Per guarire, crescere e migliorarci ci vuole tempo. Nel Kintsugi, la riparazione non è immediata. Servono pazienza, precisione e attenzione. Per riparare le nostre crepe dobbiamo portare a termine un percorso, che inizia dall'accettazione delle nostre fragilità. Sarà poi il tempo a venirci in aiuto e, se necessario, anche un esperto che ci guidi in questo viaggio.

Siamo sempre persone intere, anche con le crepe

Cosa possiamo imparare dal Kintsugi? Sicuramente a non ignorare la sofferenza e le nostre ferite, e a trasformarle in qualcosa che ha valore.

Questo è un modo per romantizzare il dolore? Certo che no! Si tratta solo di accettarlo, attraversarlo e farne un punto di forza. Saranno le nostre cicatrici a raccontare chi siamo diventati: persone nuove, migliori e più umane.

Fonti:


Foto di cottonbro studio

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