Depressione post partum e salute mentale materna: tutto ciò di cui non si parla

Quando si parla di maternità spesso si raccontano solo gli aspetti belli di questa condizione: il miracolo della vita, la felicità di aver ricevuto un regalo dal valore inestimabile, l'amore e la gioia per l'arrivo tanto sognato di un bebè.

Eppure, dietro a quest’immagine idilliaca e sicuramente reale, per molte donne si nasconde anche un'altra faccia della medaglia, quella fatta di senso di solitudine, ansia, paura e pensieri cupi di cui nessuno parla.

Il tema della salute mentale materna è ancora oggi poco divulgato, ma per fortuna da qualche anno se ne è iniziato a parlare. 

Discuterne è importante non solo per dare supporto alle neomamme che possono accusare disagi, ma anche per normalizzare il profondo conflitto tra felicità e angoscia che una madre può provare, durante e dopo la gravidanza, in vista di un cambiamento così potente nella propria vita.

Giornata mondiale della salute materna: alcuni dati

Forse non tutti sanno che esiste una Giornata mondiale della salute materna, celebrata ogni primo mercoledì di maggio.

Si tratta di un’occasione per accendere i riflettori su temi che troppo spesso restano confinati tra le mura di casa, su problematiche che affliggono le neomamme e di cui spesso nessuno si prende carico.

Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, 1 donna su 5 sviluppa disturbi mentali nel periodo perinatale, in particolare disturbi d'ansia e depressione. 

Ancora più preoccupanti sono poi i numeri che ci riporta l'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui “circa il 10% delle donne soffre di disturbi mentali durante la gravidanza e il 13% nel periodo postnatale, con percentuali che arrivano fino al 20% nei Paesi a medio e basso reddito.” 

Ma non solo. In Italia, secondo il Ministero della Salute e alcuni dati ISTAT, “circa il 12-15% delle neomamme sviluppa sintomi depressivi nel primo anno di vita del bambino, con un picco di incidenza tra le 6 e le 12 settimane dopo il parto” (fonte: quotidianosanità).

Numeri che raccontano bene quanto il fenomeno sia diffuso e quanto, nonostante tutto, rimanga ancora un tabù.

Perché se ne parla così poco? Semplicemente, perché la maternità è ancora avvolta da aspettative irreali. Le madri devono essere felici, grate e soddisfatte sempre. Ammettere di stare male infatti, secondo il modo di pensare comune, potrebbe significare essere non solo ingrate, ma anche inadeguate o addirittura “cattive madri”.

Ecco perché molte donne evitano di chiedere aiuto per paura di essere fraintese e giudicate. E questo silenzio non fa altro che amplificare il loro malessere silenzioso.

Salute materna: baby blues e depressione post partum

Tra i disagi più frequenti che le neomamme possono dover affrontare dopo il parto troviamo il maternity blues (o baby blues) e la depressione post partum. Si tratta di due condizioni differenti, ma spesso confuse, e riconoscerle può essere utile per affrontarle. 

Cos’è il maternity blues

Il maternity blues, o baby blues, è una condizione transitoria che colpisce la maggior parte delle neomamme nei primi giorni dopo il parto. In genere, compare intorno al terzo giorno e si esaurisce da sola entro due settimane.

Si manifesta con sbalzi d’umore, pianti improvvisi, irritabilità, senso di inadeguatezza, difficoltà a riposare e ansia.

È causata da un mix di fattori: il crollo ormonale dopo il parto, la stanchezza, i cambiamenti di vita e la pressione sociale.

Proprio perché si tratta di una condizione transitoria, non richiede trattamenti specifici, ma è importante essere consapevoli che può succedere e che per superarla può essere molto d’aiuto poter contare su un ambiente accogliente e non giudicante.

Cos’è la depressione post partum

La depressione post partum è invece una vera e propria forma depressiva che si sviluppa entro il primo anno dalla nascita del bambino, e secondo alcuni studi può essere anche dovuta ai cambiamenti del cervello che avvengono durante la gravidanza.

Può comparire pure settimane o mesi dopo il parto e, a differenza del baby blues, non passa da sola.

I sintomi più comuni includono:

  • tristezza persistente
  • irritabilità e rabbia
  • insonnia o ipersonnia
  • senso di colpa e inadeguatezza
  • perdita di interesse per ciò che prima dava piacere
  • difficoltà nel creare un legame con il bambino
  • cattivi pensieri sul futuro.

Può colpire qualsiasi madre, anche quelle che hanno desiderato e pianificato la maternità.

Come supportare le neomamme

Il primo fattore da combattere per sostenere le neomamme è evitare la solitudine. Per questo è fondamentale costruire intorno a una neomamma una rete di supporto concreta e rispettosa

In Paesi come la Svezia, la Norvegia e i Paesi Bassi sta facendo sempre più piede l'home visiting, ovvero le visite domiciliari che ostetriche e ostetrici fanno subito dopo il parto per appoggiare le madri e supportarle in questa nuova e delicata fase della loro vita. Pare che questo modello si stia diffondendo anche nel Nord Italia e che possa essere attivato anche nel resto del nostro Paese entro il 2026 (fonte: quotidianosanità).

Oltre ai vari servizi di assistenza, ai consultori familiari e agli sportelli di ascolto, anche il ruolo della famiglia, dei partner e di tutte le persone vicine alla neomamma è importante. Ci sono infatti alcune cose che tutti noi possiamo fare per aiutarle.

  1. Smettere di dire “è normale, passerà”

Frasi di questo tipo minimizzano il malessere delle neomamme e potrebbero farle sentire ancora più sole. Meglio una frase sincera come “se vuoi, raccontami come ti senti” seguita da un vero ascolto non giudicante.

  1. Offrire aiuto pratico

Una delle situazioni più difficili da gestire per una neomamma è data dalle visite di amici e parenti. Spesso le mamme sono costrette ad accogliere tutti coloro che vogliono vedere il bambino anche se non sono ancora pronte a dedicare le loro energie a questo tipo di cose. Per di più, altrettanto spesso queste visite si concludono con l’uscita di scena di parenti e amici che non hanno fornito nessun tipo di aiuto e sostegno.

Quando andiamo a fare visita a una neomamma, invece, non pensiamo solo a portare il regalo al bambino: chiediamo se ha bisogno di aiuto nelle faccende domestiche, di qualcuno che le faccia la spesa o di qualsiasi altra cosa. 

  1. Non giudicare mai la sua fatica

Anche se il bambino “dorme tutta la notte” o “è buonissimo”, il carico mentale resta enorme. Ogni maternità ha la sua storia. La fatica di una madre è sempre altissima, e non si dovrebbe mai giudicare l’operato di una neomamma.

  1. Essere presenti

Spesso quando una donna ha un bambino vede letteralmente sparire tutte le amiche e gli amici che aveva, e anche questo incide sul suo senso di solitudine.

Gli amici, tanto quanto il partner e la famiglia, dovrebbero essere sempre presenti e dare motivo di svago alla neomamma, anche solo proponendo di prendere insieme un caffè o uscire per una passeggiata. Offrirle del tempo per sé significa infatti ricordarle che è ancora una persona, non solo una madre.

  1. Diffondere la cultura della normalizzazione

Ricordiamoci poi di smetterla di considerare la maternità solo come una condizione di gioia, felicità e amore incondizionato. Normalizziamo che, nonostante tutto, diventare madri è anche un atto di coraggio che costa fatica, difficoltà e stress fisici e psicologici considerevoli. E ammettere che sia così è assolutamente normale.

Salute mentale materna: contrastiamo l’idea tossica della madre perfetta

La depressione post partum e le altre difficoltà psicologiche legate alla maternità non devono più essere un tabù. Parlarne è importante per sostenere le neomamme e dare loro ascolto e supporto, per ridurre il senso di colpa che molte donne provano, per contrare l’idea tossica della madre perfetta e per aiutare i padri e i familiari tutti a riconoscere i segnali e a intervenire.

Ogni madre dovrebbe sentirsi libera di parlare del proprio stato d’animo e di chiedere aiuto senza paura di essere giudicata. E ogni comunità, ogni famiglia e ogni partner dovrebbe essere capace di accogliere questa fragilità con rispetto e responsabilità, e di farsene carico come se fosse propria.

 

Foto di Hanna Auramenka

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