L'utilizzo di un presidio sanitario come il CVC o il PICC è imposto da necessità di salute e quando si è ricoverati le attività quotidiane sono ridotte al minimo, mentre la gestione è effettuata dagli infermieri, ma quando il presidio deve essere gestito al domicilio viene accettato?
Quale influenza ha il CVC/PICC nelle attività quotidiane del paziente, viene accettato? consente di svolgere le attività quotidiane? o è un impedimento?
Nel 2002 dopo un corso al collegio IPASVI (oggi OPI) è nata l'idea di sondare con un questionario la qualità di vita del paziente che doveva gestire il CVC al domicilio.
Il questionario nasce pensando a quelli che potevano essere i bisogni o i problemi del paziente al domicilio ed era costituito dalla compilazione di una parte anagrafica e da domande per comprendere come il paziente aveva appreso e chi si occupava di fare l'auto medicazione del CVC.
Visti i dati del 2002 che al domicilio veniva proposto di più il PICC, nel 2003 il questionario l'ho modificato pensando al paziente con PICC.
La posizione del CVC o del PICC, in evidenza sul braccio, potenzialmente può limitare le attività fisiche quotidiane e ricordare in ogni momento un collegamento con la presenza della malattia e l’ambiente ospedaliero.
Ogni tanto capitava di osservare che qualche PICC si sfilasse "da solo" o nei casi estremi il CVC spezzato e manomesso dal paziente stesso, ma erano fenomeni rari che non venivano rilevati.
Gli articoli specifici sulla soddisfazione dell’Utente verso il CVC o il PICC nel 2002 erano una rarità e la ricerca su PubMed dava pochi risultati e usavo la chiave "satisfation picc" e la ricerca nelle fonti bibliografiche, anche oggi se si cerca satisfaction CVC o satisfaction PICC i risultati sono decine.
La qualità di vità del paziente con un determinato presidio non è studiata ed è lasciata alle capacità del professionista di favorire il miglior confort al paziente con una formazione su misura.
La soddisfazione è un elemento complesso e variabile, determinato dalle caratteristiche psicosociali dell’Utente, dalle sue aspettative e da ciò che realmente riceve.
L'indagine entrava negli aspetti che potevano essere influenzati dalla presenza del PICC (la prima versione del questionario indagava i CVC) ed era rivolto alle attività quotidiane, agli aspetti psicologici e agli aspetti relazionali comunicativi.
Il questionario è stato consegnato al paziente quando accedeva al reparto o al DH e la compilazione è stata effettuata dallo stesso paziente o dal familiare che lo accompagnava.
La scelta di orientare lo strumento ai soli Utenti portatori di PICC è derivata da alcune considerazioni, in particolare dal fatto che dei 30 Utenti che hanno risposto al questionario del 2002, 25 erano portatori di PICC, impiantato, utilizzato e rimosso nella nostra unità operativa.
Questi due semplici studi ci consentono di raccogliere informazioni per avere una fotografia di come è percepito il presidio che posizioniamo al paziente.
Il paziente ci offre dei risultati che possono mostrarci i punti di forza della comunicazione e dove migliorare, l'equipe di reparto può condividere, commentare e trovare soluzioni per offrire la migliore comunicazione che finalmente può essere adattata ai bisogni reali.
La condivisione delle informazioni con gli Infermieri però deve uscire dal contesto di reparto, nel mio piccolo nel maggio 2002 il primo studio era stato completato ed è stato pubblicato sotto forma di articolo nella rivista “Infermiere Professionale” del collegio IPASVI di Bologna.
Nel 2003 lo studio è stato proposto ai soli Utenti con cateteri centrali ad inserzione periferica (PICC) che afferivano al Day Hospital.
Un abstract dei risultati è stato inserito nelle comunicazioni orali e negli atti al IV congresso nazionale GAVeCeLT, Milano 20- 22 novembre 2003. In questo report vengono analizzati i dati più significativi dei due anni di rilevazioni.
Nei due anni di rilevazioni si può notare un aspetto che nessuno aveva risposto "nessun problema" e che c'è una differenza nelle risposte da un anno all'altro, qualcosa è cambiato.
Nel 2019 il nuovo codice deontologico affronta il tema della relazione di cura e all'art. 4 che riporto:
Nell’agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. Il tempo di relazione è tempo di cura.
La relazione di cura per adesso è un qualcosa di intangibile che il singolo professionista cerca di applicare al meglio quando si confronta con il paziente per aiutarlo a superare le sue difficoltà.
Oggi si parla sempre di più di relazione di cura ma come renderla tangibile o quantificarne l'efficacia non è semplice, la soluzione potrebbe arrivare con un percorso attraverso il monitoraggio della soddisfazione dell'utente.
Per approfondimenti:
- 2002-2004 Report: Valutazione della soddisfazione e delle difficoltà percepite negli Utenti oncologici portatori di catetere venoso centrale, per consolidare il sistema di valutazione della qualità percepita
- 2002 articolo pubblicato dal collegio di Bologna "Studio pilota sui bisogni del Cliente portatore di CVC tipo Groshong: risultati".
- 2003 Abstract PICC day
NB: il report è stato scritto con le idee dei primi anni 2000 altri tempi, non si pensava alla relazione di cura anche se l'effetto di una buona educazione all'autogestione del PICC era quello.