La plasmaferesi e il ruolo dell'infermiere

La plasmaferesi, o scambio plasmatico terapeutico (TPE), è una procedura medica complessa che riveste un ruolo fondamentale nel trattamento di numerose patologie autoimmuni, neurologiche, ematologiche e renali.

Sebbene sia una tecnica salvavita, la sua gestione richiede competenze specifiche e un'attenta vigilanza da parte di tutto il team sanitario, con un ruolo centrale per l'infermiere. Questo articolo esplora in dettaglio la plasmaferesi, dalle sue basi fisiologiche alle implicazioni pratiche e assistenziali.

Cos'è la plasmaferesi: definizione e meccanismo

La plasmaferesi è una procedura extracorporea che mira a rimuovere componenti patogeni (come anticorpi, immunocomplessi, proteine anomale, tossine) dal plasma del paziente e a sostituirlo con plasma fresco congelato, albumina o altre soluzioni sostitutive.

In sostanza, il processo è simile alla dialisi, ma invece di filtrare il sangue intero per rimuovere le scorie metaboliche, la plasmaferesi separa il plasma dagli altri componenti del sangue.

Il meccanismo generale prevede:
  1. Prelievo del sangue: Il sangue viene prelevato dal paziente attraverso un accesso vascolare (vena periferica di grosso calibro o, più comunemente, catetere venoso centrale).
  2. Separazione del plasma: Il sangue intero viene convogliato in un separatore cellulare che, tramite centrifugazione o filtrazione a membrana, separa il plasma dagli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine).
  3. Rimozione del plasma patogeno: Il plasma contenente le sostanze nocive viene scartato.
  4. Sostituzione del plasma: Una soluzione di rimpiazzo (solitamente albumina al 5% o plasma fresco congelato - PFC) viene infusa nel paziente per ripristinare il volume ematico e la composizione proteica. L'albumina è preferita per la sua minor incidenza di reazioni allergiche e rischio di trasmissione di infezioni rispetto al PFC, ma il PFC è necessario in casi di deficit dei fattori della coagulazione.
  5. Reinfusione del sangue: Gli elementi corpuscolati del sangue (globuli rossi, bianchi e piastrine), insieme alla soluzione di rimpiazzo, vengono reinfusi nel paziente.

Indicazioni terapeutiche: quando viene utilizzata la plasmaferesi?

La plasmaferesi è indicata in un'ampia gamma di patologie in cui si ritiene che una sostanza patogena presente nel plasma sia responsabile della malattia o del suo aggravamento. Le indicazioni sono classificate in base alla forza dell'evidenza scientifica (categorie 1-4).

Alcune delle principali patologie trattate includono:

  • Malattie neurologiche:
    • Sindrome di Guillain-Barré (GBS)
    • Miastenia gravis (crisi miastenica e peggioramento acuto)
    • Polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP)
    • Sclerosi multipla (forme acute gravi refrattarie agli steroidi)
  • Malattie renali:
    • Glomerulonefrite rapidamente progressiva (RPGN) con anticorpi anti-MBG
    • Porpora trombotica trombocitopenica (TTP)
    • Sindrome emolitico-uremica (HUS) atipica
  • Malattie ematologiche:
    • Porpora trombotica trombocitopenica (TTP)
    • Anemie emolitiche autoimmuni severe
    • Crioglobulinemia (con vasculite sintomatica)

  • Malattie autoimmuni sistemiche:
    • Lupus eritematoso sistemico (con manifestazioni gravi e refrattarie)
    • Vasculiti sistemiche severe
  • Altre:
    • Intossicazioni (alcuni tipi di intossicazione da farmaci o tossine)
    • Rifiuto d'organo in trapianto (per rimuovere anticorpi donatore-specifici)

Il processo di plasmaferesi: dalla preparazione alla gestione

La procedura di plasmaferesi richiede un'attenta preparazione e un monitoraggio continuo da parte dell'infermiere.

Preparazione del paziente:
  1. Consenso informato: assicurarsi che il paziente (o il tutore legale) abbia compreso la procedura, i benefici, i rischi e le alternative, e abbia firmato il consenso.
  2. Accesso vascolare: la scelta dell'accesso è cruciale. Idealmente, si usa un catetere venoso centrale a doppio lume (es. giugulare interna, femorale) per garantire flussi adeguati (tipicamente 60-80 ml/min) e minimizzare le complicanze. In casi selezionati, si possono usare due accessi periferici di grosso calibro, ma sono meno efficienti.
  3. Esami di laboratorio: vengono eseguiti pre-procedura per valutare i livelli elettrolitici (calcio in particolare), emoglobina, piastrine, fattori della coagulazione e albumina.
  4. Farmaci: valutare i farmaci in corso (es. ACE-inibitori possono aumentare il rischio di ipotensione con il PFC). *
  5. Istruzione del paziente: spiegare al paziente cosa aspettarsi durante la procedura, la durata (solitamente 2-4 ore), le sensazioni comuni (es. freddo, parestesie) e l'importanza di segnalare qualsiasi sintomo.
Durante la procedura:
  • Monitoraggio dei parametri vitali: frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, saturazione dell'ossigeno, temperatura, e in alcuni casi ECG continuo. L'ipotensione è la complicanza più comune.
  • Monitoraggio dell'accesso vascolare: vigilanza costante per segni di infiltrazione, ematoma, infezione o malfunzionamento.
  • Gestione dell'anticoagulazione del circuito: per prevenire la coagulazione del circuito extracorporeo, si usa un anticoagulante. Il più comune è il citrato, che chelata il calcio. Questo può portare a ipocalcemia nel paziente, manifestandosi con parestesie (formicolii), crampi, tremori o, in casi gravi, aritmie o tetania. L'infermiere deve monitorare questi sintomi e somministrare calcio gluconato o cloruro per via endovenosa secondo protocollo.
  • Monitoraggio della soluzione di rimpiazzo: assicurarsi della corretta infusione della soluzione sostitutiva e monitorare le reazioni ad essa (es. reazioni allergiche al PFC o all'albumina).
  • Documentazione: registrare accuratamente tutti i parametri, i fluidi infusi e drenati, i farmaci somministrati e le reazioni del paziente.
Gestione post-procedura:
  • Monitoraggio continuo: continuare a monitorare i parametri vitali e lo stato clinico del paziente per diverse ore.
  • Cura del sito d'accesso: gestire la medicazione del CVC o del sito di prelievo periferico per prevenire sanguinamenti o infezioni.
  • Bilancio idrico: continuare a monitorare ingressi e uscite.
  • Esami di laboratorio: ripetere gli esami per valutare i livelli di elettroliti e coagulazione.
  • Educazione alla dimissione: se il paziente viene dimesso, fornire istruzioni chiare su eventuali terapie domiciliari, sintomi da monitorare e appuntamenti di follow-up.

Complicanze della plasmaferesi e loro gestione infermieristica

Sebbene generalmente sicura, la plasmaferesi non è priva di rischi. L'infermiere deve essere in grado di riconoscere e gestire tempestivamente le complicanze.

  • Reazioni al citrato (ipocalcemia): come accennato, è la complicanza più frequente. Sintomi: parestesie periorali o alle estremità, crampi muscolari, tremori, ansia. Trattamento: rallentamento della velocità di scambio, somministrazione di calcio gluconato o cloruro IV.
  • Ipotensione: frequente, dovuta a ipovolemia relativa o reazione vasovagale. Trattamento: rallentamento o interruzione temporanea dello scambio, posizionamento Trendelenburg, somministrazione di fluidi.
  • Reazioni allergiche/anafilattiche: specialmente se si usa PFC. Sintomi: orticaria, prurito, dispnea, ipotensione. Trattamento: interruzione immediata, antistaminici, steroidi, adrenalina (nei casi gravi).
  • Sanguinamento: a causa dell'anticoagulazione o delle punture per l'accesso. Monitorare i siti di accesso, mucose, emorragie occulte.
  • Complicanze legate all'accesso vascolare: infezioni del CVC, trombosi, pneumotorace (durante l'inserimento), malfunzionamento del catetere.
  • Aritmie: possono essere causate da squilibri elettrolitici (in particolare potassio e calcio) o instabilità emodinamica. Monitoraggio ECG è fondamentale.
  • Squilibri elettrolitici (altri): oltre al calcio, possono verificarsi alterazioni del potassio, magnesio, fosfato.

Controindicazioni

Le controindicazioni assolute sono rare e includono l'allergia severa ai componenti della soluzione di rimpiazzo che non può essere gestita. Le controindicazioni relative sono più comuni e richiedono un'attenta valutazione rischio/beneficio, come:

  • Instabilità emodinamica grave non controllabile.
  • Infezioni sistemiche attive non controllate.
  • Coagulopatia non correggibile o sanguinamento attivo.
  • Grave anemia o trombocitopenia.

Il ruolo dell'infermiere

L'infermiere è il professionista che passa più tempo con il paziente durante la plasmaferesi. La sua capacità di osservare, valutare, interpretare i segni precoci di complicanze e intervenire tempestivamente è determinante per la sicurezza e il successo della procedura.

L'infermiere è il principale educatore del paziente e il punto di riferimento per la famiglia, fornendo rassicurazione e chiarendo dubbi. La collaborazione con il medico, il tecnico di aferesi (se presente) e il team multidisciplinare è la chiave per una gestione ottimale.

Per concludere

La plasmaferesi è una terapia complessa e potente, che ha cambiato la prognosi di molte malattie gravi. La sua applicazione efficace dipende non solo dalla tecnologia avanzata, ma soprattutto dalle competenze e dalla professionalità del team sanitario.

L'infermiere, con il suo ruolo di monitoraggio, gestione e supporto olistico, è una figura insostituibile in questo processo, garantendo che i pazienti ricevano la migliore assistenza possibile in un momento di grande vulnerabilità. L'aggiornamento continuo e la formazione specifica sono pilastri fondamentali per mantenere elevati gli standard di cura in questo campo in continua evoluzione.

Bibliografia (Articoli PubMed)

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Foto di Photo By: Kaboompics.com

L'articolo è stato scritto con l'aiuto di Gemini Pro e le informazioni sono state verificate da un professionista.

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