La plasmaferesi, o scambio plasmatico terapeutico (TPE), è una procedura medica complessa che riveste un ruolo fondamentale nel trattamento di numerose patologie autoimmuni, neurologiche, ematologiche e renali.
Sebbene sia una tecnica salvavita, la sua gestione richiede competenze specifiche e un'attenta vigilanza da parte di tutto il team sanitario, con un ruolo centrale per l'infermiere. Questo articolo esplora in dettaglio la plasmaferesi, dalle sue basi fisiologiche alle implicazioni pratiche e assistenziali.
Cos'è la plasmaferesi: definizione e meccanismo
La plasmaferesi è una procedura extracorporea che mira a rimuovere componenti patogeni (come anticorpi, immunocomplessi, proteine anomale, tossine) dal plasma del paziente e a sostituirlo con plasma fresco congelato, albumina o altre soluzioni sostitutive.
In sostanza, il processo è simile alla dialisi, ma invece di filtrare il sangue intero per rimuovere le scorie metaboliche, la plasmaferesi separa il plasma dagli altri componenti del sangue.
Il meccanismo generale prevede:
- Prelievo del sangue: Il sangue viene prelevato dal paziente attraverso un accesso vascolare (vena periferica di grosso calibro o, più comunemente, catetere venoso centrale).
- Separazione del plasma: Il sangue intero viene convogliato in un separatore cellulare che, tramite centrifugazione o filtrazione a membrana, separa il plasma dagli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine).
- Rimozione del plasma patogeno: Il plasma contenente le sostanze nocive viene scartato.
- Sostituzione del plasma: Una soluzione di rimpiazzo (solitamente albumina al 5% o plasma fresco congelato - PFC) viene infusa nel paziente per ripristinare il volume ematico e la composizione proteica. L'albumina è preferita per la sua minor incidenza di reazioni allergiche e rischio di trasmissione di infezioni rispetto al PFC, ma il PFC è necessario in casi di deficit dei fattori della coagulazione.
- Reinfusione del sangue: Gli elementi corpuscolati del sangue (globuli rossi, bianchi e piastrine), insieme alla soluzione di rimpiazzo, vengono reinfusi nel paziente.
Indicazioni terapeutiche: quando viene utilizzata la plasmaferesi?
La plasmaferesi è indicata in un'ampia gamma di patologie in cui si ritiene che una sostanza patogena presente nel plasma sia responsabile della malattia o del suo aggravamento. Le indicazioni sono classificate in base alla forza dell'evidenza scientifica (categorie 1-4).
Alcune delle principali patologie trattate includono:
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Malattie neurologiche:
- Sindrome di Guillain-Barré (GBS)
- Miastenia gravis (crisi miastenica e peggioramento acuto)
- Polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP)
- Sclerosi multipla (forme acute gravi refrattarie agli steroidi)
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Malattie renali:
- Glomerulonefrite rapidamente progressiva (RPGN) con anticorpi anti-MBG
- Porpora trombotica trombocitopenica (TTP)
- Sindrome emolitico-uremica (HUS) atipica
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Malattie ematologiche:
- Porpora trombotica trombocitopenica (TTP)
- Anemie emolitiche autoimmuni severe
- Crioglobulinemia (con vasculite sintomatica)
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Malattie autoimmuni sistemiche:
- Lupus eritematoso sistemico (con manifestazioni gravi e refrattarie)
- Vasculiti sistemiche severe
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Altre:
- Intossicazioni (alcuni tipi di intossicazione da farmaci o tossine)
- Rifiuto d'organo in trapianto (per rimuovere anticorpi donatore-specifici)
Il processo di plasmaferesi: dalla preparazione alla gestione
La procedura di plasmaferesi richiede un'attenta preparazione e un monitoraggio continuo da parte dell'infermiere.
Preparazione del paziente:
- Consenso informato: assicurarsi che il paziente (o il tutore legale) abbia compreso la procedura, i benefici, i rischi e le alternative, e abbia firmato il consenso.
- Accesso vascolare: la scelta dell'accesso è cruciale. Idealmente, si usa un catetere venoso centrale a doppio lume (es. giugulare interna, femorale) per garantire flussi adeguati (tipicamente 60-80 ml/min) e minimizzare le complicanze. In casi selezionati, si possono usare due accessi periferici di grosso calibro, ma sono meno efficienti.
- Esami di laboratorio: vengono eseguiti pre-procedura per valutare i livelli elettrolitici (calcio in particolare), emoglobina, piastrine, fattori della coagulazione e albumina.
- Farmaci: valutare i farmaci in corso (es. ACE-inibitori possono aumentare il rischio di ipotensione con il PFC). *
- Istruzione del paziente: spiegare al paziente cosa aspettarsi durante la procedura, la durata (solitamente 2-4 ore), le sensazioni comuni (es. freddo, parestesie) e l'importanza di segnalare qualsiasi sintomo.
Durante la procedura:
- Monitoraggio dei parametri vitali: frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, saturazione dell'ossigeno, temperatura, e in alcuni casi ECG continuo. L'ipotensione è la complicanza più comune.
- Monitoraggio dell'accesso vascolare: vigilanza costante per segni di infiltrazione, ematoma, infezione o malfunzionamento.
- Gestione dell'anticoagulazione del circuito: per prevenire la coagulazione del circuito extracorporeo, si usa un anticoagulante. Il più comune è il citrato, che chelata il calcio. Questo può portare a ipocalcemia nel paziente, manifestandosi con parestesie (formicolii), crampi, tremori o, in casi gravi, aritmie o tetania. L'infermiere deve monitorare questi sintomi e somministrare calcio gluconato o cloruro per via endovenosa secondo protocollo.
- Monitoraggio della soluzione di rimpiazzo: assicurarsi della corretta infusione della soluzione sostitutiva e monitorare le reazioni ad essa (es. reazioni allergiche al PFC o all'albumina).
- Documentazione: registrare accuratamente tutti i parametri, i fluidi infusi e drenati, i farmaci somministrati e le reazioni del paziente.
Gestione post-procedura:
- Monitoraggio continuo: continuare a monitorare i parametri vitali e lo stato clinico del paziente per diverse ore.
- Cura del sito d'accesso: gestire la medicazione del CVC o del sito di prelievo periferico per prevenire sanguinamenti o infezioni.
- Bilancio idrico: continuare a monitorare ingressi e uscite.
- Esami di laboratorio: ripetere gli esami per valutare i livelli di elettroliti e coagulazione.
- Educazione alla dimissione: se il paziente viene dimesso, fornire istruzioni chiare su eventuali terapie domiciliari, sintomi da monitorare e appuntamenti di follow-up.
Complicanze della plasmaferesi e loro gestione infermieristica
Sebbene generalmente sicura, la plasmaferesi non è priva di rischi. L'infermiere deve essere in grado di riconoscere e gestire tempestivamente le complicanze.
- Reazioni al citrato (ipocalcemia): come accennato, è la complicanza più frequente. Sintomi: parestesie periorali o alle estremità, crampi muscolari, tremori, ansia. Trattamento: rallentamento della velocità di scambio, somministrazione di calcio gluconato o cloruro IV.
- Ipotensione: frequente, dovuta a ipovolemia relativa o reazione vasovagale. Trattamento: rallentamento o interruzione temporanea dello scambio, posizionamento Trendelenburg, somministrazione di fluidi.
- Reazioni allergiche/anafilattiche: specialmente se si usa PFC. Sintomi: orticaria, prurito, dispnea, ipotensione. Trattamento: interruzione immediata, antistaminici, steroidi, adrenalina (nei casi gravi).
- Sanguinamento: a causa dell'anticoagulazione o delle punture per l'accesso. Monitorare i siti di accesso, mucose, emorragie occulte.
- Complicanze legate all'accesso vascolare: infezioni del CVC, trombosi, pneumotorace (durante l'inserimento), malfunzionamento del catetere.
- Aritmie: possono essere causate da squilibri elettrolitici (in particolare potassio e calcio) o instabilità emodinamica. Monitoraggio ECG è fondamentale.
- Squilibri elettrolitici (altri): oltre al calcio, possono verificarsi alterazioni del potassio, magnesio, fosfato.
Controindicazioni
Le controindicazioni assolute sono rare e includono l'allergia severa ai componenti della soluzione di rimpiazzo che non può essere gestita. Le controindicazioni relative sono più comuni e richiedono un'attenta valutazione rischio/beneficio, come:
- Instabilità emodinamica grave non controllabile.
- Infezioni sistemiche attive non controllate.
- Coagulopatia non correggibile o sanguinamento attivo.
- Grave anemia o trombocitopenia.
Il ruolo dell'infermiere
L'infermiere è il professionista che passa più tempo con il paziente durante la plasmaferesi. La sua capacità di osservare, valutare, interpretare i segni precoci di complicanze e intervenire tempestivamente è determinante per la sicurezza e il successo della procedura.
L'infermiere è il principale educatore del paziente e il punto di riferimento per la famiglia, fornendo rassicurazione e chiarendo dubbi. La collaborazione con il medico, il tecnico di aferesi (se presente) e il team multidisciplinare è la chiave per una gestione ottimale.
Per concludere
La plasmaferesi è una terapia complessa e potente, che ha cambiato la prognosi di molte malattie gravi. La sua applicazione efficace dipende non solo dalla tecnologia avanzata, ma soprattutto dalle competenze e dalla professionalità del team sanitario.
L'infermiere, con il suo ruolo di monitoraggio, gestione e supporto olistico, è una figura insostituibile in questo processo, garantendo che i pazienti ricevano la migliore assistenza possibile in un momento di grande vulnerabilità. L'aggiornamento continuo e la formazione specifica sono pilastri fondamentali per mantenere elevati gli standard di cura in questo campo in continua evoluzione.
Bibliografia (Articoli PubMed)
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